
Il fumetto dedicato a Filippo Traldi il bimbo affetto da sindrome di Hunter
Cormano (Milano), 1 luglio 2023 – ”Quando alla sera vado a letto e spengo la luce i pensieri iniziano a viaggiare, la mia testa va un po’ ovunque. E mi chiedo “domani come sarà?“. Perché qui vivi alla giornata. Questi sono giorni belli, ma arrivano anche quelli brutti". Stefano Traldi non può permettersi di tirare il fiato. "Sono a 10mila chilometri da casa, da solo, a dover gestire questo macigno e non è mica facile. Ma è l’unica cosa che posso fare per mio figlio. Quindi, non posso mollare". Suo figlio Filippo ha solo 4 anni. Li ha appena compiuti: "L’11 giugno è stato il suo compleanno, eravamo già qui in California, e due giorni dopo aver spento le candeline è entrato in sala operatoria per l’intervento sperimentale che speriamo gli conceda un futuro – racconta papà Stefano –. Quel giorno lì per me e per mia moglie Paola è stato come se Filippo fosse nato una seconda volta".
La sindrome di Hunter
Quell’intervento sperimentale è una terapia genica, unica al mondo, con cui provare a combattere quello "tsunami di malattia che ci è arrivato addosso" e che si chiama Mucoplisaccaridosi di tipo 2. La sindrome di Hunter: "In pratica Filippo non produce l’enzima che serve a ripulire le cellule dalle tossine che quotidianamente si accumulano nel corpo, portando le cellule, nel giro di qualche anno, al collasso e quindi alla morte – spiega Stefano –. Cure non ce ne sono, solo una terapia enzimatica settimanale che rallenta la malattia". E pensare che la prima volta che Stefano e Paola hanno portato il piccolo Filippo in ospedale erano convinti che fosse celiaco: "Continuava a non stare bene e siamo andati a Niguarda – ricorda il papà –. Un giorno nella stanza è entrata una dottoressa che, appena ha visto Filippo, si è insospettita". Era l’ottobre del 2021, Filippo aveva un anno, ma era già alto un metro e con tratti somatici che potevano far pensare a un problema genetico: "Ma non è possibile, noi siamo grandi e grossi in famiglia, mio padre era un armadio".
Irccs San Gerardo di Monza
Stefano ha provato a convincersi che la dottoressa si sbagliava. Poi, però, quando li hanno mandati all’Irccs San Gerardo di Monza, centro di eccellenza nelle malattie metaboliche con la Fondazione Monza e Brianza per il bambino e la sua mamma, "ci è arrivata la doccia fredda". Diagnosi confermata. "Abbiamo iniziato la terapia enzimatica sostitutiva, ma allo stesso tempo i medici ci hanno parlato di una cura sperimentale che sta dando buoni risultati a cui, però, possono accedere solo bimbi americani e brasiliani perché gli unici ospedali in cui viene somministrata sono là dall’altra parte del mondo".
Missione impossibile
A Stefano e Paola è crollato il mondo addosso. Ma "da quel giorno quella speranza è diventata la nostra missione impossibile. Abbiamo rotto le scatole a tutti e grazie ai medici di Monza, all’Ats e ai ministero della Salute e degli Esteri alla fine ce l’abbiamo fatta – la vittoria di mamma e papà –. Filippo è il primo e unico bambino europeo con la sindrome di Hunter (ne sono affetti 2mila in tutto il mondo, ndr ) ad essere stato ammesso alla cura sperimentale". E oggi Filippo e papà Stefano sono ad Oakland, nella baia di San Francisco in California. Ci dovranno restare almeno fino a dicembre. Stefano ha dovuto mollare il suo lavoro, mamma Paola, invece, fa l’avvocato e in questi giorni è dovuta rientrare a Cormano. Tornerà in America ad agosto. Lì a Oakland la casa farmaceutica che porta avanti la sperimentazione al Benioff Children’s Hospital gli ha trovato appartamento e macchina sino a fine anno.
La raccolta fondi
"Grazie a una raccolta fondi sulla piattaforma Gofundme e a una serie di iniziative benefiche (come la partita del 10 luglio al Bicocca Stadium, ndr ) siamo riusciti a ricevere il sostegno di centinaia di persone, anche gente che non conosco – la riconoscenza di Stefano –. Anche perché all’inizio dovevamo pagare di tasca nostra la terapia che Filippo deve fare comunque ogni settimana. Quasi 40mila dollari a settimana. Sarebbe stato impossibile per noi. Ma adesso il ministero della Salute ha promesso che quelle cure le pagherà lo Stato italiano".
La cura
La cura genetica, invece, fa parte della sperimentazione: "Si è trattato dell’infusione nel liquido cerebrale di un farmaco che dovrebbe insegnare al corpo di Filippo a produre l’enzima che la natura non gli ha dato. L’aspettativa di vita? Nessuno ci garantisce nulla. È tutto un salto nel buio". Ma Filippo è un bimbo che "se lo guardi non diresti che è malato. Parla, cammina, gioca. È un vulcano. Adesso che va a scuola, io fino alle tre del pomeriggio riesco a tirare un po’ il fiato. È importante che stia con gli altri bambini, ha bisogno di normalità". A dicembre sapranno se la sperimentazione avrà dato risultati. "Ci credi sempre, a volte, certo, crolli, piangi, ma poi chiudi tutte le emozioni in un cassetto e vai avanti". Perché questa è l’unica strada che c’è. E "l’avrei portato qui anche in gommone".