Milano – Il suo nome è stato accostato più volte agli ultras della curva Sud del Milan e a Luca Lucci, arrestato nei giorni scorsi nell’ambito della maxi-inchiesta della Procura di Milano che ha decapitato i vertici delle tifoserie organizzate di Inter e Milan. Domenico Papalia, figlio dello storico boss della ‘ndrangheta in Lombardia, Antonio Papalia, è stato arrestato a Motta Visconti, con ordinanza di custodia cautelare in carcere, in un’inchiesta coordinata dai pm di Milano Sara Ombra e Leonardo Lesti con al centro l’accusa di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, in particolare cocaina. Indagine condotta dal Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza. In particolare, nei giorni scorsi sono state eseguite dalla Gdf cinque misure cautelari, tra cui quella a carico di Domenico Papalia, 41 anni e già coinvolto in altre indagini in passato ma formalmente incensurato.
Il nome di Domenico Papalia, tra l’altro, compare (ma non da indagato) nelle carte dell’inchiesta milanese sulle curve di San Siro, che ha portato più di due settimane fa a 19 arresti. Nelle carte, infatti, viene segnalato che il capo ultrà milanista Luca Lucci, finito in carcere, sarebbe "vicino" a Rosario Calabria, a sua volta legato a Domenico Papalia, "figlio di Antonio", detenuto all’ergastolo e "appartenente all’omonima famiglia di ‘ndrangheta orbitante nell’area Milanese (Corsico/Buccinasco)". Nell’inchiesta su traffici di droga dal Nord Europa, che vede oltre 50 indagati, sono state rigettate alcune richieste di misura cautelare dalla gip Anna Calabi, che allo stesso tempo ha fissato per altri indagati per l’ipotesi di spaccio (non è contestata l’associazione mafiosa) gli interrogatori preventivi - prima della decisione sulle misure - previsti dalla recente riforma della giustizia.
L’indagine, che riguarda organizzazioni in grado di importare in Lombardia un fiume di droga, è partita dal sequestro di un etto di cocaina per strada, nella zona di via Padova. Dalla lettura di messaggi criptati scambiati sul sistema di messaggistica Sky Ecc, è emersa una gestione militare delle piazze di spaccio. Rozzano veniva definita dagli indagati una "piazza buona", parlavano di business "stile Gomorra" perché bisogna "crescere ed essere in tanti, far stare tutti al loro posto". Domenico Papalia, secondo le accuse, sarebbe il vero "promotore ed organizzatore del gruppo criminale" tanto che "vanta stretti e qualificati collegamenti con altri sodalizi criminali dislocati in territorio nazionale e sovranazionale e spesso dal Sud Italia si reca in Lombardia per portare il denaro o torna in Calabria dopo i rifornimenti che vengono materialmente effettuati da terzi soggetti". Gruppi radicati a Milano e nell’hinterland, in grado di generare attraverso il traffico di droga un giro d’affari di milioni di euro.