Milano – “Mia mamma non era così. È come se l’avessero ripulita, resa più grigia. Ma lei era tutt’altro. Era istrionica, imprevedibile”. Barbara Carniti è la terza delle quattro figlie di Alda Merini e la fiction di RaiUno “Folle d’amore” che racconta la vita della Poetessa dei Navigli proprio non l’ha gradita. “La fiction non è il mio genere – dice – Non la frequento. Però quando ho saputo che ne avrebbero fatta una sulla mamma ero contenta. Ecco, forse mi hanno fregato le aspettative troppo alte. La mia non è una stroncatura senza appello, ma solo l’opinione di una figlia che conosce bene la storia raccontata”.
Barbara Carniti, cosa non le è piaciuto?
"Mi rendo conto che un’ora e mezza per raccontare una figura come Alda Merini sia poco, ma le scelte che sono state fatte mi sono sembrate superficiali. Mia mamma era diversa da quella rappresentata. A iniziare dal modo di parlare che esce dal film, così regolare e rassegnato. Invece il suo linguaggio era come lei, pieno di alti e bassi. Poteva fare un’invettiva serissima e subito dopo raccontare una barzelletta. E poi il modo di vestire: nella fiction è quasi sempre grigia. Invece mia mamma era appariscente ed eccentrica anche nella scelta dell’abbigliamento. Tra le cose che ho apprezzato di meno c’è poi la relazione con Giorgio Manganelli. Qui è rappresentata come una scappatella, invece fu un rapporto importante, dal quale nacquero delle opere come “Palude Manganelli“ e “Vuoto d’Amore“. E poi mancano del tutto persone fondamentali per la mamma come Alberto Casiraghy di Pulcinolefante. In generale, è tutta l’operazione che non mi ha convinto e, soprattutto, non mi ha emozionato".
L’interpretazione di sua mamma da parte di Laura Morante è credibile?
"Stimo tantissimo Laura Morante come attrice. Per rimanere nello stesse territorio di questa fiction, la sua Sibilla Aleramo in “Un viaggio chiamato amore“ mi aveva colpito. Per questo mi aspettavo tanto. E invece sono rimasta delusa. Tutta la carica provocatoria di mia mamma si è persa. Sullo schermo ho trovato un’Alda Merini spenta, non la donna con la voglia di reagire, che invece ho conosciuto".
L’opera poetica di Alda Merini come ne esce?
"Ce n’è molto poca. La sua grandezza letteraria non viene sottolineata".
C’è qualcosa in cui proprio non si è riconosciuta?
"Nella scena di noi quattro figlie intorno al capezzale della mamma. La distanza tra noi e lei, forse a voler significare le difficoltà che in vita la mamma ha avuto nella gestione delle figlie, non rende giustizia a un rapporto così complesso".
Come giudica il ritratto che esce dal film di suo papà Ettore Carniti?
"Credo che sia arrivato il momento di smetterla di dipingerlo come una specie di carnefice. Papà era una persona semplice, del suo tempo. La sua colpa fu di chiamare l’ambulanza quando la mamma stette male. Si affidò ai medici come avrebbero fatto tutti. Era il manicomio a essere un luogo terribile. E poi fu lui ad andarla a riprendere. Credo che non venga resa giustizia alla figura di quest’uomo che era nato nel 1923 e come tutti gli uomini dell’epoca aveva della donna e della famiglia una visione che è molto diversa da quella attuale".
Insomma, non salva niente?
"Apprezzo la buona volontà. Fare arrivare Alda Merini al grande pubblico è sicuramente una cosa molto positiva. Anche perché la poesia è per natura poco popolare, mentre mamma era contro questa visione elitaria. Qualcuno, dopo aver visto la fiction, avrà la curiosità di approfondire la figura di mia mamma, però con i mezzi che avevano a disposizione credo si potesse fare di più".