STEFANIA CONSENTI
Cronaca

Fondazione Galleria Milano: "Sarà un hub per artisti. Così ho raccolto la sfida nel nome di mia madre"

L’impegno di Nicola Pellegrini, figlio della gallerista Carla Pellegrini Rocca "Donna lungimirante, tra le prime nel nostro Paese a esporre la Pop Art" .

L’impegno di Nicola Pellegrini, figlio della gallerista Carla Pellegrini Rocca "Donna lungimirante, tra le prime nel nostro Paese a esporre la Pop Art" .

L’impegno di Nicola Pellegrini, figlio della gallerista Carla Pellegrini Rocca "Donna lungimirante, tra le prime nel nostro Paese a esporre la Pop Art" .

Si divide fra Berlino e Milano, la sua città natale, Nicola Pellegrini, artista classe 1962. Lavora in coppia con la moglie, Ottonella Mocellin. Hanno esposto lavori che comprendono installazioni, video e performance nella galleria Lia Rumma di Napoli. Nicola è figlio "d’arte", di Carla Pellegrini Rocca: figura storica nel panorama milanese, dal 1964 al 2019 è stata alla guida della Galleria Milano, tra le più longeve in Italia. Scomparsa la mamma, nel 2019, Nicola ha deciso di mantenere viva e attiva la Galleria Milano che, da spazio commerciale quest’anno è diventata Fondazione e ha spostato la sede in via Arcivescovo Romilli 7. "Riparto da qui, mi sento pronto a raccogliere questa eredità su impulso del lascito di alcuni collaboratori storici di mia madre come Toni Merola, scomparso due anni fa".

Con quale progetto?

"La Fondazione Galleria Milano, oltre che spazio espositivo dovrà anche essere un luogo per conservare il suo ricco archivio, e per accogliere e promuovere ulteriori archivi di artisti e di realtà legate all’arte contemporanea attraverso il progetto Archivi Riuniti. Un esempio è stata l’ultima mostra che si è conclusa a fine novembre dedicata a Sandro Somarè, artista e fondatore della Galleria Milano, grande amico di mia madre, il cui archivio oggi è confluito alla fondazione. Alla morte di un artista non tutti gli eredi si sentono in grado di gestire il patrimonio dei genitori e spesso lo fanno male rovinando il lavoro fatto negli anni".

Il primo ricordo che ha della Galleria che allora era in via della Spiga?

"La mostra di Allen Jones, con le sculture iperrealiste di donne nude o in costumi fetish che formano degli arredi, tavoli sedie. Lì ho avuto la certezza di vivere un’adolescenza singolare, con genitori diversi dagli altri. Erano sempre in giro per il mondo. Io di contro, frequentavo amici e scuole tradizionali, andavo a giocare all’oratorio. I miei genitori eravano fortemente di sinistra e anticlericali, pensi che quando ho fatto la Prima comunione, non si sono presentati in chiesa. Il sacerdote mi diceva che sarebbero andati all’inferno, pensi al terrore che avevo. Ma mi lasciavano fare. Purtroppo ho perso mio padre Baldo quando avevo 14 anni".

Sua madre ha fatto scelte coraggiose per i tempi...

"Direi anche lungimiranti, è stata tra le prime ad esporre nel nostro paese la Pop Art inglese, l’Azionismo viennese, il gruppo Gutai giapponese, artisti tedeschi allora emergenti tra cui Georg Baselitz, Joseph Beuys e Blinky Palermo, ma anche autori statunitensi ai tempi poco noti come Ed Ruscha, Fred Sandback, Bob Graham, Kenneth Price, Joe Goode".

Si contano oltre 350 mostre tenutesi fra via della Spiga e via Turati, sede della galleria dal 1973 al 2022. Dedicate agli aspetti meno noti delle Avanguardie storiche e dell’Astrazione, con sodalizi durati decenni con Vincenzo Agnetti, Antonio Calderara, Grazia Varisco e Luigi Veronesi...

"Si Agnetti e Calderara (ricordo il suo ingresso in galleria con sua moglie Carmela), sono gli artisti con i quali ha intrattenuto rapporti stabili. Mia madre amava molto anche Lucio Fontana, lo apprezzava perchè sosteneva molti giovani artisti. Mi ha raccontato anche di un viaggio di ritorno dalla Biennale. Lucio le aveva promesso un quadro ma di lì a pochi giorni sarebbe morto..".

È stato doloroso chiudere la galleria? Quanto le è pesato occuparsene?

"Ho tentato sino all’ultimo di mantenere quello spazio ma la richiesta d’affitto era troppo onerosa. Ero preoccupato per l’impegno. Ma alla fine la Fondazione è un modo per rivivere la storia di mia madre e attraverso lei gli accadimenti dell’arte degli ultimi sessant’anni. Molte delle mie scelte partono da lì. Ma sono fortunato, in questa nuova avventura sono affiancato da Bianca Trevisan che è la direttrice della Fondazione Galleria Milano e dall’artista Giovanni Oberti che ha studiato all’Accademia Carrara. Vogliamo lavorare su un doppio registro, uno più contemporaneo con giovani artisti e l’altro più tradizionale. La prossima mostra è su Francesco Pedrini, a lungo direttore dell’Accademia Carrara di Bergamo. Ne abbiamo una in corso, curata da Elio Grazioli il quale ha chiesto a 14 artisti, da Pancrazi ad Arienti e Spranzi, di scrivere un testo e fare un lavoro su inconscio e arte. Tema dell’inconscio che sembra sparito dal vocabolario dell’arte".

Lei vive a Berlino. Artisticamene si sta meglio che a Milano?

"No, direi che Milano non ha niente da invidiare a Berlino. Milano ha grandi fondazioni, l’arte è sempre stata seguita bene. Berlino aveva una situazione molto speciale sino a tredici anni fa, ricca di gallerie e artisti ma ora che è diventata più cara si è normalizzata".

Gli artisti oggi vivono in una condizione di isolamento?

"Non penso, dipende dal carattere. A Berlino frequento molti artisti, americani, europei anche italiani, come Monica Bonvicini che vive qui da anni".

Il momento geopolitico che viviamo è difficile, l’arte che ruolo può avere?

"Può funzionare come pesi e contrappesi, immettere punti di vista diversi nella società".