GRAZIA LISSI
Cronaca

Fontana, una vita a teatro: "La Scala è cambiata insieme alla città . Resta istituzione forte"

Sovrintendente dal 1990 al 2005: "Gli anni intensi con Abbado e Muti. Durante Tangentopoli il Piermarini mai toccato dalla magistratura". .

Fontana, una vita a teatro: "La Scala è cambiata insieme alla città . Resta istituzione forte"

Fontana, una vita a teatro: "La Scala è cambiata insieme alla città . Resta istituzione forte"

La sua vita si svela fra un palcoscenico e un ufficio, eppure in ogni teatro in cui Carlo Fontana ha lavorato è rimasto un segno: quello del grande interprete. Presidente di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, dal 1990 al 2005 è stato sovrintendente del Teatro alla Scala, poi a Bologna e Parma, e fino al 2022 è stato presidente dell’ Associazione Generale Italiana dello Spettacolo. E’ uscito da poco il suo ultimo libro “Sarà l’avventura. Una vita per il teatro“ (Il Saggiatore). Con eleganza e autenticità Fontana racconta.

Presidente, cosa crede di avere ricevuto da Milano?

"In fondo non m’interessa cos’ho ricevuto dalla mia città, la vita è fatta di momenti alti e bassi, per me è sempre stato più importante dare a Milano che ricevere".

Il suo nome è legato alla Scala. Come la vede oggi?

"Vi ho lavorato 22 anni, dal 1977 al 1980 prima come assistente del Sovrintendete, poi dall’80 al 1984 nel Consiglio d’Amministrazione, infine è arrivata la Sovrintendenza. Le grandi istituzioni culturali sopravvivono nel tempo, hanno una forte resistenza; ogni sovrintendenza, direzione riflette il suo tempo. Una parte del mondo è cambiata, Milano è in continuo cambiamento sia la Scala che il Piccolo Teatro sono esattamente un’altra cosa rispetto dieci anni fa".

Nei suoi anni scaligeri si sono creati grandi spettacoli.

"La direzione musicale era del Maestro Muti, è stato un periodo storico importante per la Scala come quello con Abbado e con Grassi; negli anni Novanta Milano è stata sconvolta da tangentopoli, governo, istituzioni erano dimissionari. La Scala, ci tengo a dirlo, è stata l’unica istituzione a non essere toccata dalla magistratura, per noi ha significato fare attenzione a tutto".

Come, secondo lei, Milano è riuscita a ricominciare?

"Perché ha dentro di sé anticorpi resistenti, i milanesi hanno da sempre un fortissimo senso civico, un senso speciale per la solidarietà che si esprimeva nel secolo scorso con iniziative tipo l’Umanitaria, oggi con un volontariato diffuso, è la caratteristica della città. Mio padre è stato un altro funzionario del Comune di Milano e mi raccontava che negli anni bui della Repubblica di Salò, pur vivendo ogni giorno situazioni drammatiche, gli impiegati comunali facevano di tutto per poter offrire servizi ai cittadini".

Ha una laurea in critica d’arte. "Allora non c’era nessuna facoltà che comprendesse storia del teatro, in quella sono riuscito a dare la tesi su Anton Giulio Bragaglia, un teatrante degli anni Venti che avevo conosciuto bambino. Sono sempre stato immerso nel teatro, qualsiasi pièce andassi a vedere mi portava poi a verificarla, studiarla sui testi, mi è sempre venuto naturale".

C’è stato un tempo in cui la competenza dominava ovunque. Cos’è successo?

"Il web e non abbiamo ancora coscienza dell’intelligenza artificiale. L’eccesso d’informazione ha portato a un abbassamento del livello conoscitivo".

Come si diventa manager culturale?

"Sul campo, a 28 anni ero assistente di Paolo Grassi, una fortuna. Oggi, purtroppo, i giovani hanno poche opportunità; diventare manager culturale significa praticare. I giovani devono avere la possibilità di fare molti stage, magari nelle piccole istituzioni, dove s’impara tutto".