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Formazione, partenza flop: "I 350 euro non incentivano"

Il primo bilancio dopo lo stop al Rdc: a Milano nessuna spinta verso l’occupazione

Il primo effetto della progressiva fine del reddito di cittadinanza non è stato, almeno per ora, una spinta verso la formazione e l’inserimento in percorsi per la ricerca di un lavoro. La maggior parte delle persone che hanno perso il sussidio perché considerate "occupabili" non hanno optato, dallo scorso primo settembre, per l’alternativa del supporto per la formazione e il lavoro: l’indennità di 350 euro al mese per un massimo di 12 mesi messa a disposizione di chi non ha più titolo per avere il Rdc ma è disposto ad attivarsi per partecipare alle cosiddette politiche attive del lavoro. Ne ha diritto chi ha un reddito Isee inferiore a seimila euro, un’età compresa tra i 18 e i 59 anni, e non ha a carico disabili, minori o ultrasessantenni. Persone che, in sintesi, sono ritenute in grado di reinserirsi nel mondo del lavoro. "È ancora presto per un bilancio ma dalle prime impressioni le richieste di formazione sono piuttosto scarse e inferiori alle aspettative", spiega Maurizio Del Conte, presidente di Afol Met. Azienda partecipata dai Comuni e dalla Città metropolitana che, attraverso la rete dei centri per l’impiego sul territorio, è in prima linea in questa nuova partita, in una rete che comprende enti pubblici e privati.

"In una città con un costo della vita come quello di Milano – prosegue - la somma di 350 euro al mese non è un incentivo sufficiente per attivarsi, rimettersi in gioco e intraprendere un percorso di formazione. Per ora il flusso nei nostri uffici è gestibile, i percorsi sono già partiti attingendo dal catalogo formativo. Per spingere la domanda sarebbe più utile una sorta di “retribuzione di formazione“, offrendo uno stipendio temporaneo a chi è davvero disposto a mettersi in gioco". Uno scarso appeal della formazione che contrasta con una richiesta di figure professionali ancora alta da parte delle imprese milanesi, nonostante il rallentamento dell’economia. "Anche sulle basse competenze è difficile soddisfare le richieste – sottolinea Del Conte – e la sfida è quella di innescare un percorso virtuoso di formazione". Sfida che, tastando il polso a settembre, appare ardua.

Secondo l’ultima mappatura diffusa a luglio dalla Cgil Lombardia, solo nella Città metropolitana di Milano sono oltre 3200 le persone a cui è stato sospeso il reddito di cittadinanza. Ma non c’è stata ancora una migrazione verso il supporto per la formazione e il lavoro, anche perché chi ha perso il sussidio a volte ha già un impiego: precario, discontinuo e con basse retribuzioni. Negli ultimi due anni, secondo i dati elaborati dalla Cgil di Milano, le famiglie a rischio povertà sono aumentate del 2,5% in tutta la Città metropolitana di Milano. Negli ultimi sette anni è aumentato del 58,2% il numero di occupati che hanno chiesto aiuto alla Caritas perché hanno uno stipendio che non consente di arrivare alla fine del mese: "Ciò spiega perché sempre meno chi accede ad un centro d’ascolto chieda un lavoro – analizza il sindacato – e sempre più spesso segnali problemi di reddito".

Andrea Gianni