MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Ferito in Siria, il fotoreporter Gabriele Micalizzi a Milano: l'abbraccio con la moglie

Il rientro a Linate del fotografo che ha rischiato di perdere la vista. Poi il ricovero

Gabriele Micalizzi

Milano, 18 febbraio 2019 -  «Sta bene, ha fatto grandi passi in avanti. È sceso da solo dalla scaletta dell’aereo ed è salito da solo in ambulanza. Non ha perso nessun occhio. Adesso dovrà recuperare completamente». A raccontare i primi istanti del rientro di Gabriele Micalizzi, il fotoreporter milanese di 35 anni ferito una settimana fa a Deir Ezzor, nella Siria sud-orientale, è il giornalista di guerra Fausto Biloslavo, che era al suo fianco fino a poche ore prima dell’attacco e che lo ha accolto ieri all’aeroporto militare di Linate, dove Micalizzi è atterrato in serata.

«Ha subito abbracciato la moglie Ester. È stata la prima cosa che ha fatto una volta sceso dall’aereo», un Falcon 900 del 31° stormo di Ciampino dell’Aeronautica militare italiana. Ad attenderlo pure gli amici di Cesura Lab, il collettivo di fotografi di cui è Micalizzi è socio fondatore. E con la partenza dell’ambulanza alla volta del San Raffaele si è conclusa l’operazione di rimpatrio coordinata dall’Unità di Crisi della Farnesina. «Adesso saranno i medici a stabilire come procedere. Gabriele ha la pelle dura dei reporter da guerra, ce l’ha fatta e tornerà di nuovo in prima linea - continua Biloslavo -. Sicuramente dovrà fare una lunga riabilitazione ma vederlo in piedi mi ha aperto il cuore, perché le prime notizie che avevo ricevuto ancora in Siria erano che fosse morto». Un sollievo vedere l’amico in piedi, cosciente, in grado di camminare da solo, anche per gli amici di Cesura Lab.

Micalizzi è stato colpito sul fronte di guerra tra Isis e forze curdo-siriane: «Un miliziano dello stato islamico è spuntato all’improvviso - riferisce Biloslavo -. Ha visto i curdi, forse anche i giornalisti (oltre a Gabriele c’era Gabriel Chaim della Cnn) e ha lanciato un razzo Rpg che è esploso prima sui miliziani curdi. Gabriele era dietro ed è stato investito nelle parti esposte: il volto, le braccia, un po’ le gambe. Il giubbotto antiproiettile, completamente distrutto, e l’elmetto gli hanno salvato la vita».

Attorno, un disastro. «Siamo stati assieme per quattro giorni, sulla prima linea dell’ultima sacca del Califfato, nel sud est della Siria, con gli irriducibili che non si arrendevano; usavano i civili come scudi umani, tutto era ridotto a macerie». Ora si farà luce sull’attacco, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo lunedì stesso: si indaga per attentato con finalità di terrorismo. Nel frattempo Micalizzi riprenderà in mano la sua vita. Cresciuto nella zona di Cascina Gobba alla periferia est milanese e padre di due bambini, è un fotoreporter noto a livello internazionale.