
Francesca Brandoli in una foto d'archivio del 27 ottobre 2008
Bollate (Milano), 31 marzo 2025 – Francesca Brandoli si è tolta la vita, nella notte tra domenica e lunedì, nel carcere di Bollate. La donna, modenese di 52 anni, stava scontando una condanna all'ergastolo per avere ucciso l'ex marito Cristian Cavaletti, nel 2006 a Reggiolo.
La notizia è stata confermata all'Ansa da Francesco Maisto, Garante milanese dei diritti dei detenuti. “L'ho incontrata 15 giorni fa - dice - Anche se aveva qualche problema di salute, nulla mi ha fatto pensare che fosse in una situazione tale da compiere un simile gesto. Sono sconvolto”.
L’omicidio
Il delitto, di cui si parlò molto all'epoca, avvenne il 30 novembre 2006 quando Francesca Brandoli e l'amante Davide Ravarelli uccisero a coltellate e colpi di martello l'ex marito della donna, Christian Cavaletti. Proprio quel giorno il giudice aveva affidato alla vittima i due figli della coppia. Per l'accusa quello fu il movente dell'omicidio. Nell'ottobre 2010 la Cassazione aveva confermato il carcere a vita per entrambi. Brandoli si è sempre dichiarata innocente.
Il matrimonio in carcere
In seguito Brandoli, nel 2011, tornò al centro delle cronache per essersi sposata con Luca Zambelli, anche lui condannato per l'omicidio della consorte. Entrambi erano reclusi alla Dozza di Bologna. I due avevano poi divorziato cinque anni dopo.
Il trasferimento a Opera e Bollate
La Brandoli dalla Dozza ottenne il trasferimento al carcere di Opera per curarsi. E dopo un periodo trascorso lì, dove c’è un centro specializzato per i detenuti con problemi di salute,era stata trasferita a San Vittore a Milano e aveva ottenuto il permesso di lavorare all’esterno, a Expo 2015. Un lavoro impiegatizio che le aveva consentito di avere contatti sociali: tra l’altro, era autorizzata a frequentare le suore. All’Esposizione Universale la Brandoli aveva svolto il suo incarico fino a ottobre, ma con la chiusura dei padiglioni e dell’attività questa esperienza era terminata. La detenuta era stata così messa a svolgere un lavoro interno, all’ufficio matricole maschile, in un mondo tutto di uomini, detenuti e agenti di polizia penitenziaria. A quel punto, il legale aveva chiesto il trasferimento al carcere modello di Bollate e lo aveva ottenuto.