
La frase affidata ai social da Franco Tramontano e, a destra, Giulia
Milano, 11 aprile 2025 – Da un lato c’è Alessandro Impagnatiello, reo confesso e condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, incinta di sette mesi, che cerca di farsi ridurre la pena. Dall’altro la famiglia della sua vittima, anzi delle sue vittime visto che con Giulia è morto anche il piccolo Thiago, che soffrono e reagiscono. “Potrai fare ricorso in appello, potrai fare ricorso in Cassazione, potrai forse evitare l'ergastolo, ma ciò che non potrai evitare è essere ricordato per quello che sei: un vile assassino".
Poche affilate parole, perché non ne servono di più, che Franco Tramontano, papà di Giulia, affida a Instagram all'indomani della decisione della difesa di ricorrere in appello contro la sentenza di ergastolo pronunciata in primo grado. La difesa mira a veder cancellate le aggravanti della premeditazione e della crudeltà e a ottenere le attenuanti generiche. L'obiettivo di Impagnatiello è evitare l'ergastolo e accedere alla giustizia riparativa.
La strategia della difesa
La sentenza di primo grado è arrivata il 25 novembre (in coincidenza con la Giornata contro la violenza contro le donne). Nel corso dell’arringa finale, le avvocatesse Giulia Geradini e Samantha Barbaglia avevano evidenziato la “condotta grossolana” tenuta dall’ex barman nelle fasi successive il delitto, commesso il 27 maggio del 2023 a Senago, nel Milanese, affermando che “mal si concilia” con quella “immagine di scacchista, pianificatore e stratega” ricostruita dall’accusa.
Secondo le legali, infatti, dovevano essere escluse le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, entrambe invece riconosciute dai giudici della Corte d’Assise di Milano. Nelle motivazioni della sentenza depositata lo scorso febbraio si legge infatti che Impagnatiello ha premeditato l’omicidio di Giulia per “quasi 6 mesi”, uccidendola infine con 37 coltellate dopo l’incontro tra lei e la donna con cui lui aveva una relazione parallela. Undici dei fendenti, poi, le erano stati inferti mentre “era ancora viva” e, per i giudici, la donna “ha senz’altro realizzato, sebbene per una manciata di secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo”.
Verso il ricorso in Appello
Sulla base, invece, dei comportamenti successivi al delitto, la difesa di Alessandro Impagnatiello, sta lavorando al ricorso in appello che sarà depositato prima del termine previsto nelle prossime settimane. Obiettivo, far decadere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.