
Coda di lavoratori frontalieri di mattina al confine tra Italia e Svizzera
Milano – Nelle prossime settimane, dovranno mettersi a fare i conti i diecimila frontalieri che vivono tra Milano, la Città metropolitana e Monza, chiamati anche loro a presentare la dichiarazione dei redditi. Una “prima volta” determinata dal nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera, che prevede, per tutti i lavoratori assunti dopo il 17 luglio del 2023, l’obbligo di denunciare la loro posizione anche al Fisco italiano. Una condizione che non vale per i “vecchi frontalieri” che continuano a pagare il 100% delle imposte oltreconfine attraverso il prelievo alla fonte.
Aumento dei frontalieri e le sfide fiscali
“Anche la Città metropolitana ha numeri che iniziano a diventare significativi – spiega Luca Gaffuri, presidente Caf UIL Lombardia – sia facilitati in parte dal collegamento ferroviario sia da salari nettamente superiori a quelli che vengono offerti oggi sul mercato locale. Aspetti che rischiano però di vanificare i sacrifici dei frontalieri attraverso imposizioni fiscali che, se non adeguatamente monitorate, possono mettere in ginocchio i lavoratori. Siamo preparati ad affrontare le problematiche e predisporre correttamente la dichiarazione dei redditi che dovranno presentare da giugno.”
Un calcolo non semplice, perché al reddito percepito oltreconfine occorre togliere una franchigia di 10mila euro e successivamente gli oneri contributivi versati dal datore di lavoro svizzero. Poi, una volta determinato l’imponibile, viene calcolata l’imposta italiana a cui va sottratta poi l’imposta pagata in Svizzera.
Consigli per i frontalieri milanesi
Fare da soli non è consigliato perché c’è il rischio di pagare più del dovuto o, al contrario, dichiarare di meno e poi incorrere in sanzioni che - è bene ricordarlo - possono essere contestate dal Fisco entro i cinque anni successivi. Ma chi sono e soprattutto quanti sono i frontalieri milanesi? Nel 2023, una ricerca compiuta dall’Ufficio di Statistica Svizzero ne contava 2188, ma il loro numero è sicuramente aumentato visto il loro tasso di crescita è stato del 60% nell’ultimo decennio.
In base ai dati in possesso del sindacato, si tratta di lavoratori con un’alta professionalità: ingegneri, docenti universitari, medici, infermieri e ricercatori farmaceutici.
Le sfide della scelta lavorativa in Svizzera
Hanno scelto di lavorare in Svizzera perché lì gli stipendi sono molto più alti, anche tre volte quelli italiani, ma non mancano i problemi. “Se guardiamo ai problemi specifici – conclude Raimondo Pancrazio, segretario generale Uil Frontalieri – è indispensabile e necessario sanare al più presto la mancata applicazione della nuova normativa sull’indennità di disoccupazione che vanifica per i primi tre mesi di disoccupazione l’indennità a livello svizzero, pari all’80% della retribuzione quindi molto più alta rispetto alla Naspi. A questo si aggiunge il tema dell’assegno universale, in Svizzera superiore a quello italiano, ma l’Inps non trasmette alle casse i dati, e quindi i lavoratori non percepiscono l’integrazione sull’assegno.”
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