di Alessandra Zanardi
"La zona tra Rogoredo e San Donato è un crocevia dello spaccio, con vendite h24. Ma non chiamiamola droga, si tratta di malessere". Simone Feder, educatore e psicologo, in forza alla Casa del giovane di Pavia, si occupa di disagio giovanile, accoglienza e recupero. Ha scritto un libro, “Alice e le regole del bosco”, che è stato presentato di recente anche a San Donato. Un volume che rappresenta uno spunto di riflessione su un tema che si conferma, purtroppo, di stretta attualità.
Dottor Feder, ci troviamo di fronte a un’emergenza droga?
"Il termine droga è obsoleto. L’uso di stupefacenti è solo la punta dell’iceberg. Alla base ci sono disagio e malessere. Gli stessi che a volte sfociano in attacchi d’ansia, disturbi dell’alimentazione e autolesionismo. Fenomeni in crescita tra i giovani, già a partire dalle medie. In alcune scuole superiori, oltre il 32% degli studenti afferma di essersi procurato dolore volontariamente".
A quali altri fenomeni si assiste?
"Tra le dinamiche in crescita ci sono l’uso di alcol fra le ragazze e il gioco d’azzardo, specie on-line. E in comunità si vedono approdare ragazzi di 16, 17 anni: il termometro sociale non è mai stato così caldo".
Perché, secondo lei?
"Ci troviamo di fronte a una generazione cresciuta a patatine e i-phone, senza aver mai ricevuto dei ‘no’ e dei paletti. La classe genitoriale andrebbe interrogata e spinta ad interrogarsi".
Qual è la storia di Alice?
"È la storia di una ragazza di 17 anni, inciampata nella droga. L’ho aiutata a rileggersi e valorizzarsi, e ne è uscita. Strappata al boschetto, ha proseguito gli studi e ora frequenta il secondo anno di università. Una storia di riscatto e speranza".
Esiste ancora il boschetto di Rogoredo?
"Il vecchio boschetto è stato ripulito, ma nei dintorni è pieno di ragazzi con problemi. Anche San Donato risente del fenomeno. In quelle zone bastano pochi soldi per procurarsi la droga. Si vendono la bianca, ossia la coca, e la nera, ossia l’eroina. Ci sono clienti di serie ‘A’, che possono permettersi roba di qualità, e clienti di serie ‘B’, ai quali vengono vendute sostanze addizionate con oppioidi sintetici. C’è chi entra nel bosco anche venti volte al giorno".
C’è dell’altro, oltre alla droga?
"C’è anche un aspetto simbolico: entrare nel bosco è come un rito iniziatico".
Cosa possono fare le istituzioni?
"Aumentare il numero dei Sert non serve. Ci vuole una rete, un patto tra le agenzie educative – scuole, comuni, parrocchie, associazioni e gruppi sportivi – con l’obiettivo di coinvolgere, fare prevenzione, aiutare i giovani a incontrarsi. Figure come il sacerdote, l’animatore, l’allenatore sportivo possono rivelarsi preziose, diventare un punto di riferimento per il dialogo e l’ascolto".