NICOLA PALMA
Cronaca

Dua Lipa, il profilo fake, i bitcoin ottenuti con l’inganno: Gianfranco Bonzi, perduto dalla truffa sentimentale

Il test del Dna lo conferma: è del custode del palazzo di Brera scomparso a marzo il cadavere recuperato sull’Adda. Il figlio: “Quello che aveva detto alla fine lo ha fatto”

Gianfranco Bonzi aveva 59 anni

Sopra Gianfranco Bonzi non ha retto la delusione dopo aver scoperto di essere stato truffato da una finta Dua Lipa (a lato un’immagine della cantante)

Milano, 30 luglio 2024 – Le ultime speranze di trovarlo in vita sono state spazzate via dal test del Dna. L’esito degli esami genetici sul cadavere ritrovato poco più di un mese fa sulla riva del fiume Adda, in provincia di Cremona, ha dato la certezza che si tratta del corpo del cinquantanovenne Gianfranco Bonzi, il custode di un palazzo di via Borgonuovo, nel centralissimo quartiere di Brera a Milano, che era uscito con un trolley nel pomeriggio del 23 marzo senza voltarsi più indietro, lasciando a casa cellulare, documenti e carte di credito.

"Questo è il mio ultimo post che pubblico e anche una delle ultime azioni della mia vita. La causa è una delusione amorosa che non sono riuscito a reggere”, aveva scritto su Facebook prima di scomparire nel nulla.

Un messaggio che aveva allarmato immediatamente familiari e amici, che sin dall’inizio avevano temuto che l’uomo si fosse allontanato per togliersi la vita. E i primi accertamenti investigativi sul cadavere, avvistato il 22 giugno da alcuni pescatori e poi recuperato dai vigili del fuoco, sembrano escludere scenari alternativi a quello del suicidio: nessun segno evidente di violenza su un corpo reso irriconoscibile dalla permanenza prolungata in acqua. Con ogni probabilità, Bonzi si è lanciato volontariamente nell’Adda, che ne ha restituito i resti tre mesi dopo, nel territorio del Comune di Crotta d’Adda. “Quello che aveva detto alla fine ha fatto! Mi sento sereno e distrutto! Riposa in pace papà. Non importa cosa hai fatto: ti ameremo tutti per sempre, non soffrire più e ti prego guardami ora più che mai”, il commosso ricordo dal figlio Luca.

È stato proprio lui a denunciare la scomparsa del padre alla stazione dei carabinieri di Rosate, facendo scattare l’inchiesta della Compagnia di Abbiategrasso. L’ipotesi, avvalorata anche dalle confidenze che Bonzi avrebbe fatto ad alcuni parenti prima di sparire, è che il custode sia finito nella trappola di un truffatore, che gli avrebbe fatto credere di avere una relazione sentimentale con una donna (con un profilo fake con la foto della cantautrice inglese Dua Lipa) e lo avrebbe indotto con l’inganno a inviargli 5.100 euro in bitcoin tramite un’applicazione. Quasi certamente, la cocente delusione provocata dalla scoperta del cosiddetto “imbroglio romantico” ha giocato un ruolo determinante nella tragica decisione di Bonzi di farla finita.

Nell’ambito del fascicolo per istigazione al suicidio, aperto in Procura già a fine marzo per poter far luce sull’accaduto, i carabinieri specializzati in indagini telematiche del Comando provinciale di via Moscova hanno passato al setaccio chat, immagini, indirizzi e domini elettronici. Un ginepraio di scatole cinesi virtuali che hanno fatto pensare a chi sta seguendo il caso che il cinquantanovenne sia rimasto impigliato nella complicata ragnatela ordita da una banda di seriali con base all’estero, che colpiscono a strascico via web senza lasciare tracce che possano condurre a loro e con metodi di pagamento fondati sullo scambio di criptovalute.