Milano – Gianni Biondillo, milanese Doc? “Certo, nato a Milano, da mamma siciliana e papà campano”. Giusto così, direbbe Walter Valdi “che già si figurava l’Homo milanensis diventare un pezzo da Museo. D’altronde Milano è una metropoli, gente che và, gente che viene”. Per forza. “Mai dóma. Cambia continuamente pelle. Non a caso, il Futurismo è nato qui. Dalla Prima Expo Universale, 1906, ha addosso, una maledizione”.
Lanciata da chi?
“Da noi stessi, milanesi. Milano è la gente che la abita. Sì, per Milano io ho un’ossessione”.
Vi ha ambientato vari libri. Anche “Quello che noi non siamo“ (Guanda), Premio Bagutta 2024. Con ‘noi’ chi dobbiamo intendere?
“Il romanzo, documentato, racconta una generazione d’architetti che credette nel fascismo, illudendosi fosse una rivoluzione, come quella artistica contro Roma bolsa e accademica”.
E a Milano, laboratorio di modernità, venivano per guardare all’Europa della Bauhaus? “Sì, in cerca di una liberazione dall’asfissiante passatismo provinciale. Venivano irredentisti istriani come Pagano, maestri comacini come Terragni, napoletani inquieti come Persico. E poi gli altri, figli del Politecnico: Figini, Pollini, Bottoni, Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers”.
Poi vennero le leggi razziali, l’abbraccio mortale con il nazismo, la disfatta di Russia...
“E gli architetti presero coscienza del crollo delle false ideologie, e le distanze dal regime. Per finire, qualcuno, anche nei campi di concentramento”.
Quell’epoca ci somiglia?
“Sempre, all’uomo contemporaneo, che spesso cade in inganno in un mondo inconoscibile, si può solo dire “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo“, come ci suggerisce Montale”.
Nel ‘noi’ c’è soprattutto l’architetto Biondillo?
“L’architettura è come l’alcolismo, non se ne esce anche quando si è smesso di frequentarla”.
Fino a quando?
“L’ho insegnata all’Accademia di Mendrisio, dove mi hanno chiamato, valutando i miei titoli. E sì che a Milano abito a soli 15 minuti a piedi dal noster Politeknik. Concorrere in Italia è però più complicato”.
Ha titoli per giudicare la trasformazione urbanistica ambrosiana. Come Maurizio Nichetti, altro laureato in architettura, crede che le archistar costruiscano grattacieli da abbattere tra 60 anni?
“Lo diceva pure Gramsci: i grattacieli di New York sarebbero diventati obsoleti in un quarto di secolo. E a Tokyo è normale che l’architettura sia l’arte più riformabile. La modernità non è fatta per durare”.
Per restare a Milano, e al suo cielo, perché solo qui volano gli spazzini (e non a Roma)? “La scena dei poveracci alla ricerca di un posto “dove buongiorno vuol dire davvero buongiorno“, cavalcando scope volanti nel film Miracolo a Milano, la spiega in “Milano’ Movies” Nichetti, tra la troupe che ho radunato per omaggiare il popolo che anche nel buio delle sale ha saputo sognare il progresso”.
E da vero innamorato, Biondillo, il suo capitolo su questo film-fiaba identitaria, lo conclude invitando a scoprire quanto Milano sappia essere città miracolosa, e popolare. Tuttora?
“Il miracolo è avvenuto dopo Tangentopoli. Da chiusa in se stessa, Milano è diventata “figa“, seduttiva. Il luogo dove esserci. Almeno fino al 2015”.
Gli stranieri continuano ad arrivare, occupando il centro. “Che rischia di trasformarsi in un presepino per ricchi. Ma il popolo sa lottare contro la selvaggia gentrificazione. Fenomeno che De Sica e Zavattini avevano appunto denunciato, camuffata da riqualificazione urbanistica”.
Forestieri sono peraltro gli studenti attirati dalle università.
“Ma arrivano dal resto dell’Italia, o da Paesi come l’Iran. Non dalla Germania o dagli Usa”.
Mentre le sue figlie studiano all’estero.
“La maggiore in Scozia, poi si trasferirà in Estonia. L’altra, felicissima, è in Cina”.
L’augurio per il 2025 e oltre (quando saremo più over 70 che under 19) è dunque trattenere i giovani?
“Ci riusciremo, noi vecchi provinciali che ci crediamo fiorenti internazionali, se daremo loro più spazio: sono la generazione più preparata d’Italia, con gli stipendi più bassi d’Europa”.
A Capodanno si può propiziare la fortuna?
“Non serve. Milano è già misteriosa...E incapace di fare sempre le stesse cose, chissà, saprà rigenerare il sistema industriale con start-up innovative”.