Casarile, 8 novembre 2024 – I tatuaggi sulle braccia e il piede senza una scarpa hanno lasciato sin da subito pochissimi dubbi: è di Gino Panaiia il corpo ritrovato nella tarda mattinata di ieri nel Naviglio Pavese, a metà strada tra Casarile e Rognano.
Un passante lo ha notato verso mezzogiorno, in un tratto in cui il corso d’acqua ha una profondità di circa un metro e mezzo, e ha immediatamente allertato il 112. I vigili del fuoco, che meno di 24 ore prima avevano interrotto le ricerche del venticinquenne dopo aver passato al setaccio per cinque giorni rogge e campi, hanno recuperato il cadavere; e gli accertamenti dei carabinieri della Compagnia di Abbiategrasso e del Comando provinciale di Milano hanno confermato in meno di due ore che si trattava proprio del ragazzo residente al quartiere Barona, scomparso nel nulla la notte di Halloween.
Una prima ispezione del medico legale non ha riscontrato la presenza di segni di violenza, anche se sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso e a stabilire se Gino fosse ancora vivo quando è finito nel Naviglio o se abbia accusato un malore e sia morto prima di essere trascinato dalla corrente a 5 chilometri dal punto in cui se ne erano perse le tracce, nella frazione Badile di Zibido San Giacomo. Lì, stando a quanto ricostruito dai militari dell’Arma, il venticinquenne ha trascorso le ultime ore della sua vita, in un bistrot di via Togliatti. Poco prima dell’1.30, è uscito, visibilmente ubriaco e forse sotto effetto di stupefacenti, ed è montato in sella al suo Piaggio Liberty 125: alla prima rotonda ha perso l’equilibrio ed è caduto.
Tornato indietro, un amico gli ha sconsigliato a gran voce di mettersi alla guida in quelle condizioni, ma lui lo ha ignorato ed è ripartito, stavolta imboccando una strada fangosa che porta a un bivio: da una parte, c’è il cancello d’ingresso di Cascina Casiglio; dall’altra, un sentiero tortuoso con due ponticelli strettissimi che sbuca sull’alzaia. All’1.33, Gino ha risposto a una preoccupata telefonata della fidanzata per dirle che era quasi arrivato a Vigevano (in realtà irraggiungibile in così poco tempo); quarantanove minuti dopo, alle 2.22 il suo smartphone ha agganciato per l’ultima volta la cella telefonica che copre l’area, per poi spegnersi definitivamente. La denuncia presentata dal fratello del venticinquenne ha fatto scattare le perlustrazioni a tappeto di pompieri, volontari della Protezione civile e agenti della polizia locale, che passo dopo passo hanno ritrovato diversi oggetti di Gino in punti distanti tra loro: il giubbotto che usava per proteggere le gambe dal freddo, il casco, una scarpa, lo scooter in una roggia prosciugata e il borsello con portafogli e chiavi di casa (e del Piaggio) lungo l’argine del Naviglio.
Cosa gli è accaduto? Al momento, l’ipotesi più verosimile è quella dell’incidente: è possibile che Panaiia sia caduto nel corso d’acqua (o ci si sia infilato volontariamente per qualche motivo) per poi sentirsi male e non riuscire più a risalire a riva. L’assenza di segni di violenza spinge ancor più sullo sfondo la pista dell’omicidio, già ritenuta poco credibile (ma non da escludere a priori) per la sostanziale mancanza di elementi concreti che facessero pensare a un’aggressione; lo scenario potrebbe cambiare solo se l’esame autoptico intercettasse ferite non visibili a occhio nudo o traumi compatibili con colpi subiti. Dal puzzle ancora da completare, dovrebbe restare fuori una tessera suggestiva: quella legata al ritrovamento di un borsone con una ventina di chili di eroina marchiati Louis Vuitton. La partita di droga è stata trovata nella zona della cascina, ma al momento l’inchiesta non ha evidenziato collegamenti con la sparizione con finale drammatico di Gino.