Milano, 5 aprile 2024 – Le indagini della Procura di Milano sul mondo del lusso avevano portato, a gennaio, al 'commissariamento' della Alviero Martini Spa. Ora un nuovo filone ha messo sotto la lente la Giorgio Armani Operations spa, per un presunto sfruttamentonto del lavoro attraverso appalti che farebbero ricorso a manodopera cinese in nero e clandestina, per realizzare capi di lusso in laboratori dormitorio nel Milanese.
La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano oggi ha disposto l'amministrazione giudiziaria per la società che si occupa di progettazione e produzione di abbigliamento e accessori del gruppo del colosso della moda, a seguito di un'inchiesta dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone e dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro.
Un consulente del Tribunale affiancherà per un anno i vertici della società industriale del gruppo (non indagata) per “bonificarne” i rapporti con i fornitori.
Pm: “Prassi illecita e collaudata”
Dall'attività investigativa emerge che nella Giorgio Armani Operation spa, società industriale del gruppo Armani, a cui sono affidati i processi produttivi delle collezioni di moda e degli accessori del gruppo, “vi è una cultura di impresa gravemente deficitaria sotto il profilo del controllo, anche minimo, della filiera produttiva della quale la società si avvale; cultura radicata all'interno della struttura della persona giuridica, che ha di fatto favorito la perpetuazione degli illeciti". Lo sostiene la procura di Milano come riportato nel decreto della Sezione autonoma misure di prevenzione che dispone l'amministrazione giudiziaria per un anno della Operation spa.
Nel corso delle indagini “si è disvelata una prassi illecita così radicata e collaudata, da poter essere considerata inserita in una più ampia politica d'impresa diretta all'aumento del business. Le condotte investigate non paiono frutto di iniziative estemporanee ed isolate di singoli, ma di una illecita politica di impresa. Si dà vita, così, ad un processo di decoupling organizzativo ('disaccoppiamento'), in forza del quale, in parallelo alla struttura formale dell'organizzazione volta a rispettare le regole istituzionali, si sviluppa un'altra struttura, 'informale', volta a seguire le regole dell'efficienza e del risultato" per il pm.
In questo modo, "la costante e sistematica violazione delle regole genera la normalizzazione della devianza, in un contesto dove le irregolarità e le pratiche illecite vengono accettate ed in qualche modo promosse, in quanto considerate normali. Unico strumento per far cessare questa situazione, in un'ottica di interventi proporzionali, è una 'moderna messa alla prova aziendale' finalizzata ad affrancare l'impresa da relazioni (interne ed esterne) patologiche”.
“14 ore di lavoro per due euro all’ora”
Sempre dal provvedimento del Tribunale, attraverso testimonianze degli stessi lavoratori e accertamenti dei carabinieri, emerge che la produzione negli opifici abusivi cinesi di abbigliamento e accessori, venduti poi con marchio Giorgio Armani, era “attiva per oltre 14 ore al giorno, anche festivi”, con lavoratori “sottoposti a ritmi di lavoro massacranti» e con una situazione caratterizzata da “pericolo per la sicurezza” della manodopera, che lavorava e dormiva in “condizioni alloggiative degradanti”. E con paghe “anche di 2-3 euro orarie, tali da essere giudicate sotto minimo etico”.
Giorgio Armani Operations: “Sempre misure di controllo”
“La società ha da sempre messo in atto misure di controllo e di prevenzione atte a minimizzare abusi nella catena di fornitura”, ha fatto sapere tramite una nota la Giorgio Armani Operations commentando la misura di prevenzione decisa dai tribunali di Milano. “La Giorgio Armani Operations - si legge ancora – collaborerà con la massima trasparenza con gli organi competenti per chiarire la propria posizione rispetto alla vicenda''.
Un tavolo su criticità settore moda
Il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, sollecita l'apertura di un "tavolo" che consenta "in via ulteriormente preventiva di cogliere le criticità operative degli imprenditori” del settore dell'alta moda milanese. È quanto emerge dalla nota diffusa dal Tribunale sulla misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria a carico della Giorgio Armani Operations Spa, per una presunta "inerzia" nel vigilare sulle condizioni di lavoro degli operai cinesi impiegati da imprese a cui è stata appartata la realizzazione di capi in laboratori del Milanese. Il Tribunale chiede quindi di attivare per il comparto della moda e del lusso “analoghe iniziative poste in essere per esempio nel settore della logistica da parte della Prefettura di Milano”, già finito al centro di numerose inchieste della Procura su caporalato e sfruttamento del lavoro. Quello della moda, osserva Roia, è tra l'altro un “settore di particolare rilevanza per il sistema economico nazionale”.