Il caso della morte di Giulia uccisa a coltellate da Alessandro Impagnatiello è tecnicamente un caso chiuso: ci sono due morti, Giulia e Thiago che sarebbe nato fra meno di due mesi e c’è un colpevole, reo confesso. Al momento non ci sono altri indagati. Ci si interroga sull’ipotesi che qualcuno possa aver aiutato l’assassino nei momenti successivi alla morte: a pulire il luogo del delitto, a trasportare il cadavere, oppure ad informarsi se in paese c’erano telecamere che potessero aver ripreso uno degli spostamenti sospetti.
Cosa vuol dire che l’omicidio è chiuso?
In questa fase delle indagini gli investigatori non ritengono urgente gli accertamenti su un eventuale complice, perché se fosse un parente non si potrebbe far valere giuridicamente il "favoreggiamento". Bisognerebbe indagarlo per "concorso in occultamento di cadavere", ma non si può fare senza aver terminato altri accertamenti, fra tutti l’autopsia sul corpo per vedere se ci sono altre impronte oltre a quelle dell’assassino.
Su cosa si concentrano le indagini?
Il nodo da sciogliere è quello della dinamica precisa che aiuterà gli investigatori a definire tutte le aggravanti. La premeditazione: si potrà attribuire solo se ci saranno elementi specifici che inducono a ritenere che ci sia stato il perseguimento di un disegno criminoso. La crudeltà: Non ci sarebbe stato accanimento, una sola coltellata mortale alla gola, una seconda sempre alla gola e una terza leggera sotto il seno destro e molti tagli alle braccia.
Perché si punta al duplice omicidio?
Al momento il reato ipotizzato è quello di procurato aborto, perché non è prevista una fattispecie autonoma di omicidio per un feto, quindi per una persona che non è giuridicamente ancora persona fisica. Sarà l’autopsia a chiarire se l’assassino ha accoltellato Giulia anche alla pancia, procurando di fatto la morte del feto. E sarà l’autopsia a chiarire se Thiago è sopravvissuto alla morte della mamma.
Perché l’autopsia sarà la svolta?
L’autopsia se da un lato non cambierà il quadro dell’omicidio definirà molti contorni che consentiranno ai pm di puntare dritti all’ergastolo. Le coltellate potrebbero essere molte di più delle due contate in un primo momento. Il cadavere era in condizioni pessime, già aggredito anche dagli insetti e dai topi, ma soprattutto coperto interamente da un cellophane che lo “impacchettava“ letteralmente. La pancia era coperta anche da un telo, quindi non era visibile. Non si sa se è stata accoltellata anche lì. Quindi l’autopsia chiarirà se c’è stato overkilling, accanimento. Dall’autopsia si stabilirà anche l’esatto orario della morte di Giulia e di Thiago e anche se qualcun altro oltre ad Alessandro ha toccato il corpo di Giulia lasciando tracce. Cinque esperti faranno parte del team: due medici legali, un entomologo, un tossicologo e un esperto in autopsia neonatale.
Che pena rischia l’assassino?
Per Alessandro Impagnatiello si profila quasi sicuramente l’ergastolo. O meglio gli investigatori puntano a garantire l’ergastolo, almeno in primo grado, e per esserne certi servono le aggravanti. Potrebbe concorrere a diminuire la pena una eventuale seminfermità mentale, dedotta da una perizia specifica. Il killer è giovane e incensurato, in questi casi, sul calcolo definitivo della pena, si valuta anche, sul lungo termine, la possibilità di un suo recupero. Il tema è quello della funzione rieducativa della pena e in questo senso si ragiona sui 30 anni, almeno in secondo grado