ANNA MARIA LAZZARI
Cronaca

Giuseppe Salvi, il pastore e le sue 800 pecore: “Dalle Orobie fino a Milano. La lana? Non vale più nulla e i lupi fanno paura”

Il gregge è arrivato nel Parco della Vettabbia con cani, mini-mucche irlandesi e cinque asini. Una tappa fissa nell’itinerario annuale

Giuseppe Salvi e le sue pecore

Giuseppe Salvi e le sue pecore

 Milano – Ottocento pecore di razza autoctona bergamasca, una decina di cani pastore, sette mini-mucche irlandesi e cinque asini occupano da sabato mattina – rimarranno fino a metà di questa settimana - un’area del parco di Porto di Mare, affidato dal 2017 a Italia Nostra che l’ha ripulita dalle siringhe del famigerato ex Boschetto. A guidare la “ciurma“ belante è Giuseppe Salvi, pastore errante della bergamasca Val di Scalve e 60 anni portati benissimo, che col suo gregge sverna ogni anno, a partire da settembre, nelle zone agricole a sud di Milano alla ricerca di pascoli, prima di trasferirsi in estate negli alpeggi a duemila metri.

La metropoli è da anni, col parco della Vettabbia, una tappa fissa del suo itinerario. "Ho cominciato a fare il pastore dopo aver finito le scuole, a 13 anni. Per tanti anni ho dormito all’addiaccio, per terra. A Milano 40 anni fa la nebbia si tagliava col coltello e la temperatura in questo periodo scendeva sotto zero. Solo quando ho conosciuto mia moglie Gigia, 20 anni fa, ho preso la roulotte e mi sembrava di vivere nel lusso".

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La transumanza il pastore, ce l’ha nel sangue dato anche il padre (col nonno e gli avi) erano "bergamini", tradizionali allevatori transumanti di bovini delle Orobie. "Io, a differenza di mio padre – puntualizza il pastore errante - ho preferito puntare sulle pecore di razza gigante bergamasca. La loro carne è destinata ai ristoranti, e alle macellerie del centro Italia, dove c’è ancora un forte consumo di carne ovina. Niente latte: la madre il latte lo produce solo per l’agnello. Quello che non vale più niente purtroppo è la loro lana: un tempo serviva a fare ottimi materassi e maglioni, essendo un materiale che garantisce traspirabilità e termoregolazione, ma oggi non solo viene snobbata dall’industria tessile ma è considerata un rifiuto speciale da smaltire a caro prezzo se non è sottoposta a lavaggio, impossibile da fare visto che i centri dedicati hanno chiuso i battenti. È una delle tante assurdità di questi tempi, assieme alla carne artificiale e allo status di protezione dei lupi che mi è capitato di vedere più volte, anche in pianura. Attacchi non li ho mai subiti ma solo perché abbiamo l’accortezza di mettere un recinto elettrico di notte attorno al gregge. Purtroppo però, qualche anno fa, un lupo è riuscito comunque ad uccidere in montagna trenta pecore per mangiarne poi solo una", racconta Giuseppe che, memore del crudele ricordo, si rabbuia un po’.

Gli ovini sono arrivati el Parco della Vettabbia con cani, mini-mucche irlandesi e cinque asini. Una tappa fissa nell’itinerario annuale

Gli occhi riprendono a illuminarsi quando gli si chiede di parlare della bellezza del suo lavoro. "Premesso che quella del pastore è una vita di sacrifici, essendo che la sveglia è alle 5.30, e che ogni giorno è lunedì, ho la fortuna di trascorrere la maggior parte del mio tempo in mezzo agli animali che reputo più intelligenti di molti uomini e soprattutto capaci di un affetto puro e senza tornaconto. Il momento più bello? Quando partiamo da Schilpario, dove abbiamo la stalla, capisco che le pecore non stanno più nella pelle e mi guardano in attesa che dia il via…".