di Barbara Calderola
Antonio Vena alla sbarra. Si apre oggi a Milano il processo all’operaio di Bressanone che un anno fa uccise con un colpo di fucile in faccia Alessandra Cità, 47 anni, tranviera di Truccazzano. Un femmincidio innescato dalla convivenza forzata da lockdown, dopo che lei aveva deciso di lasciarlo.
L’agguato nel sonno, tragico epilogo dell’ennesima discussione sulla fine del rapporto, ricostruiranno gli inquirenti, poi la confessione ai carabinieri, dove l’uomo si consegnò spontaneamente. "Ho ucciso la mia compagna", disse in caserma, in piena notte. Fra i due c’era una storia a distanza dal 2012. Si incontravano nel week end, ma non durante la prima durissima zona rossa, quando lei lo aveva ospitato nell’elegante villetta di Albignano, teatro del delitto, non temendone la reazione neppure di fronte alla decisione di rompere. Le ferree regole anti-contagio avevano impedito al manovale di tornare in Trentino e lei gli aveva aperto la porta di casa per l’ultima volta, pur chiarendo di voler troncare il rapporto, al capolinea. Ma lui non lo accettava. Un copione che si ripete regolarmente. I due la sera del 18 aprile avevano cenato come sempre, Alessandra aveva scambiato qualche messaggio con le colleghe dell’Atm in chat, era tranquilla, nulla lasciava presagire la tragedia.
Il colpo, uno solo, è stato esploso quando si era appisolata e l’ha sfigurata. Gli investigatori l’hanno trovata sul letto in un lago di sangue. Vena va in Corte d’Assise su decisione del gup di Milano Alessandra Simion, che ha accolto la richiesta del pm Giovanni Tarzia e mantenuto le aggravanti della premeditazione e della relazione sentimentale. Il piccolo centro della Martesana rimase sconvolto dall’assassinio, qualche mese dopo vicino a casa della donna fu inaugurata una panchina rossa e lunedì prossimo, a un anno dall’omicidio, la famiglia ricorderà Alessandra, "vittima di codardia e crudeltà, dell’arroganza di un uomo padrone". L’operaio aveva già alle spalle due denunce per violenza, presentate dall’ex moglie. La messa si terrà alle 17.30 nella chiesa di San Maiolo. Il paesino, intanto, aspetta giustizia. Poche sere dopo il delitto, la frazione era stata illuminata da centinaia di candele accese sui balconi. Il ricordo delle autiste di Atm fissa per sempre l’immagine di Alessandra "sorridente e disponibile, appassionata di moto e amante degli animali. Adorava viaggiare".
"Quando abbiamo saputo, ci siamo aggrappate all’idea che potesse trattarsi di un bufala, ma purtroppo abbiamo dovuto arrenderci all’evidenza. Quando ci incrociavamo con il tram era impossibile non ricambiare il suo sorriso. Non posso fare a meno di ripensare ai nostri caffè, ai cambi turno, alle sciocchezze e alle risate tra amiche, perché questo eravamo. La solidarietà femminile, quella vera e sincera che ci univa e che nonostante tutto ci unirà per sempre. Non può una persona togliere la vita a un’altra in questo modo così ignobile".
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