
Gli esodati del reddito di cittadinanza In Lombardia sono oltre 5mila A Milano pioggia di sms dall’Inps
Sono 5.586 i lombardi che non hanno più il reddito di cittadinanza, avendo ricevuto dall’Inps la comunicazione dello stop al sussidio tramite il “famoso” sms. Secondo i dati resi disponibili dall’Istituto Nazionale Previdenza Sociale tramite Anpal, la prima provincia per numero di ex beneficiari del sussidio, fra chi ha residenza e domicilio in Lombardia, è città metropolitana di Milano (2.401 pari al 43%), seguita dalla provincia di Brescia con il 10% (558). Varese e Bergamo sono sopra il 5%. Il prossimo 1 settembre debutterà la nuova misura del governo di politica attiva "Supporto per la formazione e il lavoro" che coinvolge gli ex beneficiari attivabili al lavoro. "Noi - commenta l’assessore regionale a Formazione e Lavoro Simona Tironi - stiamo lavorando ininterrottamente anche nel mese di agosto per il superamento del reddito di cittadinanza, per garantire l’accesso alla nuova misura agli ex beneficiari attivabili al lavoro". I dati dei cittadini interessati sono stati smistati ai Centri per l’impiego di riferimento che avranno il compito di convocare gli ex percettori per l’aggiornamento del patto personalizzato di servizio e il conseguente avvio del percorso di politica utile per il ricevimento, da parte dell’Inps, del sussidio di 350 euro mensili per un massimo di 12 mesi.
Fra gli ex percettori in Lombardia già 2.322 risultano aver già avviato un percorso all’interno della Misura Gol, attivata da Regione Lombardia dal giugno 2022, mentre altri 1.284 sono stati presi in carico attraverso altri strumenti di politica attiva, in primis Dote Unica Lavoro. In regione sono quindi poco meno di 2.000 le persone ex beneficiarie del Reddito da indirizzare per la prima volta nelle politiche attive e nei percorsi formativi disponibili.
"Anche i nostri enti privati accreditati al lavoro - dice ancora Tironi - dovranno fare la loro parte come sempre fanno. Nel modello di organizzazione del mercato del lavoro lombardo, sono coinvolti con pari prerogative rispetto agli operatori pubblici, anche attraverso partnership liberamente stipulate a seguito di specifiche manifestazioni di interessi". L’ultimo decreto lavoro ha previsto che le Regioni possano scegliere il loro coinvolgimento in tutte le fasi di gestione della nuova misura di politica attiva sostitutiva del reddito di cittadinanza. "Sostanzialmente - sottolinea l’assessore Tironi - il modello lombardo è stato nuovamente sancito da un provvedimento nazionale, a conferma della necessità di costruire reti di operatori pubblici e privati diversamente specializzati e capaci di realizzare processi di ‘up-skilling’ e ‘re-skilling’ dei lavoratori per il superamento dell’odioso mismatch tra domanda e offerta di lavoro".
Molto diversa la lettura di Antonio Verona, responsabile “Mercato del lavoro” di Cgil Milano: "In realtà la “patata bollente” degli ex percettori viene scaricata sui centri per l’impiego e poi sui Comuni che non sanno ancora da che parte girarsi. Che il reddito di cittadinanza avesse elementi di ambiguità, essendo concepito sia come misura di politica attiva che come sostegno alla povertà, noi lo dicevamo sin dall’inizio. Si sarebbe dovuto fare una cernita, senza abbandonare nessuno, colpire gli abusi e programmare interventi più incisivi a favore dell’occupazione, invece che dare il reddito punto e basta".
"Ma - prosegue il sindacalista - non va bene neppure questa riforma perché si scarica la questione ai Comuni che non hanno, mi riferisco soprattutto a quelli più piccoli, la struttura organizzativa né la cultura per poter intervenire nel mercato del lavoro. Quello che succederà da settembre è che migliaia di persone, non sapendo a chi rivolgersi, si sentiranno abbandonate. Proteste vigorose e problemi di ordine pubblico? Forse a Milano e Lombardia non ci saranno. Ma nel resto d’Italia non escludo che possa scoppiare la bomba sociale" sottolinea Verona.