RUBEN
Cronaca

Gli italiani sottovalutano la privacy online

La protezione della privacy online in Italia è preoccupante: solo il 27% degli utenti limita la raccolta dei cookie e solo il 12% utilizza software per impedire il tracciamento dei dati. È necessario promuovere una maggiore consapevolezza sulla riservatezza delle comunicazioni in Rete.

Razzante*

La protezione della privacy in Rete è diventata una preoccupazione sempre più rilevante per gli utenti di Internet. Tuttavia, mentre molti Paesi Ue stanno adottando misure proattive per limitare il monitoraggio delle attività online, l’Italia si distingue come fanalino di coda, dimostrando una minore attenzione rispetto alla media europea. Una recente indagine Eurostat ha evidenziato che oltre un terzo degli utenti di Internet nell’Unione europea, compresi tra i 16 e i 74 anni, ha apportato modifiche alle configurazioni del proprio browser per evitare il monitoraggio delle proprie attività online. Questo dato evidenzia una crescente consapevolezza e una volontà di proteggere la propria privacy online tra i cittadini europei. Tuttavia, quando si analizza specificamente il contesto italiano, emerge un quadro preoccupante. Solo il 27% degli internauti italiani ha limitato la raccolta dei cookie, una percentuale significativamente più bassa rispetto alla media europea. Ancora più allarmante è il fatto che l’Italia detiene il primato negativo nell’uso di software per impedire il tracciamento dei dati: solo il 12% degli italiani li usa. La scarsa attenzione degli italiani nella tutela della privacy online potrebbe essere dovuta a una mancanza di informazioni chiare sui rischi o a una percezione errata della sicurezza dei dati su Internet. Per questi motivi è diventato essenziale promuovere una maggiore consapevolezza sulla riservatezza delle comunicazioni in Rete. Gli utenti devono essere educati sugli strumenti disponibili per proteggere la propria privacy. In un mondo sempre più interconnesso, la protezione dei dati online diventa una responsabilità condivisa che richiede l’impegno degli utenti, delle aziende e delle autorità regolamentari. Solo con un impegno corale e convinto potrà essere garantito un ambiente digitale sicuro e privo di rischi.

*Docente di Diritto dell’informazione

all’Università Cattolica