
Polemica sull'assistenza ai disabili dopo l'emendamento della senatrice leghista Cantù
Separa ciò che non può essere separato, soprattutto nel caso di persone con gravissima disabilità o non autosufficienti. Va contro i principi sanciti da convenzioni, leggi ed orientamenti internazionali e nazionali, compresi quelli alla base del progetto di vita e della personalizzazione della cura. Non ultimo, rischia di scaricare ulteriori costi e responsabilità sui caregiver famigliari e in generale sulle famiglie. Potrebbero essere questi gli effetti dell’emendamento presentato dalla senatrice leghista Maria Cristina Cantù al disegno di legge sulle “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie“. Il condizionale è d’obbligo perché l’iter non è concluso: l’emendamento è stato approvato in Commissione Affari Sociali del Senato. Di conseguenza non c’è ancora un testo definito. Ma l’orizzonte è quello tratteggiato e le associazioni della disabilità non ci stanno.
Nel dettaglio, l’emendamento della Cantù prevede di separare le spese socio-assistenziali di rilievo sanitario dalle spese sanitarie. Tra le prime rientrano le spese necessarie per quei servizi che tutelano la dignità della persona non autosufficiente: l’assistenza per l’igiene personale, la vestizione e l’alimentazione, ma anche per la mobilizzazione delle articolazioni. Emendamento vuole che le spese per questi servizi non debbano più essere incluse nel budget della sanità pubblica. Da qui la prima grande crititicità: venuto meno l’ombrello del servizio sanitario, queste spese pioveranno sulle spalle di chi? Degli enti locali nel migliore dei casi. E delle famiglie nel caso più probabile. Le ristrettezze economiche in cui si dibattono oggi i Comuni sono infatti note. La leva non potrà che essere quella di una crescente compartecipazione delle famiglie alla spesa. Non basta, però. Com’è possibile distinguere nettamente ciò che ha carattere sanitario e ciò che ha carattere socioassistenziale nel caso di persone non autosufficienti? Ancora, come è possibile conciliare la separazione delle spese con la tutela del diritto alla salute, del diritto del malato a preservare la propria dignità e a poter contare su interventi personalizzati, anziché standardizzati? Appare chiara solo la genesi del provvedimento: evitare che le Rsa, in primis, e le Rsd continuino a perdere le cause legali intentante dalle famiglie degli ospiti proprio perché non hanno garantito tutte le prestazioni che avrebbero dovuto garantire. Cantù è una vecchia conoscenza della politica lombarda, è stata assessore con delega ai Servizi sociosanitari nella Giunta di Roberto Maroni. E l’attenzione della Lega alle Rsa è massima, almeno in Lombardia. Ma, come detto, le associazioni della disabilità sono in rivolta.
"Per chi convive con patologie e disabilità gravissime le prestazioni di carattere non prettamente sanitario sono indissolubilmente connesse con quelle sanitarie – dichiara Alessandro Chiarini, presidente di Confad (Comitato nazionale delle famiglie con disabilità)–. Siamo fortemente contrari all’emendamento e abbiamo seri dubbi sulla sua legittimità. Questa proposta è anticostituzionale, è in contrasto con quanto previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), rappresenta un inaccettabile arretramento del perimetro di tutela assicurato proprio dai LEA, ignora la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, non garantisce quel diritto alla salute invece sancito dalla nostra Costituzione e complica la realizzazione del Decreto legislativo 62 del 2024 (quello che riguarda la valutazione di base della condizione di disabilità, l’accomodamento ragionevole, l’elaborazione e l’attuazione del progetto di vita individuale personalizzato ndr). In questo modo – in sintesi – si rischia di abbassare i livelli di tutela sanitaria, ampliare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sociosanitari e creare un pericolosissimo precedente".
Anche l’Associazione Luca Coscioni sottolinea "il particolare impatto economico dell’emendamento sulle prestazioni residenziali di lunga assistenza alle persone con disabilità grave". "Questo vergognoso emendamento, oltre che incostituzionale, non si limita a regolare il futuro, ma addirittura cambia le regole per chi sta già ricevendo assistenza, visto che è retroattivo – rimarca Fortunato Nicoletti, vicepresidente della Consulta della Disabilità e di Nessuno è Escluso –. Molte persone malate e non autosufficienti potrebbero perdere servizi da un giorno all’altro. Stiamo parlando di servizi come l’assistenza quotidiana per lavarsi, vestirsi, mangiare che passerebbero tutti a carico delle famiglie, a completare già un quadro oramai insostenibile, e di servizi che pure non essendo sanitari sono essenziali per le persone e le famiglie. Questo emendamento va anche nella direzione opposta alla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e al Decreto 62/24. Forse il rinvio al 2027 fa parte di un disegno? Se, come si afferma, il progetto di vita è il cuore della riforma sulla disabilità, come si può decidere a priori quali servizi siano essenziali e quali no? Dove sarebbe la personalizzazione? Il nostro rifiuto dell’emendamento è totale".