I maligni, che non si fanno intimidire dal Natale, hanno già commentato ("Capirai che sforzo") la scelta stoica di Gucci di non lavare la vernice con la quale venerdì gli attivisti di Ultima generazione hanno imbrattato l’albero di Natale firmato dalla maison sotto la cupola della Galleria Vittorio Emanuele II. Perché tra tutti gli alberi sponsorizzati nel centro di Milano questo, piazzato per colmo di sventura là dove nel 2022 luccicava l’abete Swarovski, s’è disputato con l’altra torre di pacchi targata Sephora in piazza Scala la palma del più impopolare. "Deposito bagagli di Linate" e "catasta di airbag" sono alcune delle espressioni riferibili utilizzate da milanesi e turisti per descrivere l’opera – un albero di gonfiabili in varie sfumature di grigio con l’iconico horsebit simbolo della maison –, il cui titolo, "The Gift of Love", ha finito per rappresentare soprattutto il milioncino sganciato alle casse di Palazzo Marino per posizionarla lì. E non pochi sono stati tentati dal pensiero scabroso che per la prima volta la vernice arancione, sedicente "lavabile" e dubbiamente ecologica (ci sono voluti sette mesi e 30 mila euro per ripulire la statua equestre di Vittorio Emanuele) degli attivisti di Ultima generazione non abbia peggiorato l’aspetto del loro bersaglio.
Tant’è, il gruppo del lusso Kering, proprietario della maison Gucci, ha fatto sapere che pur condannando in maniera "inequivocabile" il blitz vandalico degli ambientalisti, ha "scelto di non intervenire e utilizzare l’incidente come spunto di riflessione collettiva. Da anni attiva nella promozione di un dialogo costruttivo, Gucci conferma il proprio impegno a sensibilizzare la comunità attorno a questi temi, pur sottolineando che la responsabilità condivisa non dovrebbe mai tradursi in atti violenti o vandalici". Dunque l’albero grigio resterà striato di arancione a memento della crisi climatica fino alla sua scadenza naturale, tra circa una settimana.
Gi. Bo.