di Andrea Gianni
VARESE
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di Alessandro Maja scrivendo la parola fine, almeno dal punto di vista giudiziario, sulla strage di Samarate. Diventa così definitiva la condanna all’ergastolo per l’interior designer che nel maggio del 2022 ha ucciso a martellate la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia, di soli 16 anni, riducendo in fin di vita Nicolò, il primogenito, unico sopravvissuto al massacro nella villetta in via Torino dove viveva la famiglia. "Per la famiglia Pivetta e per Nicolò si tratta di un sollievo - spiega l’avvocato Stefano Bettinelli, legale di parte civile - L’iter giudiziario è finalmente terminato. Ed è terminato con la giusta pena per ciò che ha commesso Maja. I miei assistiti hanno sempre e solo chiesto giustizia. Quanto stabilito dalla Cassazione è il massimo che la giustizia possa restituire davanti a un fatto in realtà irrisarcibile dal punto di visto affettivo e umano".
Nicolò Maja, intanto, sta affrontando un lungo percorso di recupero, con al suo fianco i nonni materni. Partecipa a incontri e iniziative nelle scuole, coltiva il suo sogno di tornare a una "vita normale". L’avvocato Gino Colombo, difensore dell’interior designer, ha chiesto nei vari gradi di giudizio di riconoscere l’incapacità di intendere e di volere dell’uomo, che si è detto pentito per il suo gesto. Nel processo di primo grado, Maja è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio. Sentenza poi confermata in appello a Milano e infine in Cassazione, compreso il risarcimento che l’uomo dovrà versare al figlio e alle alle altre parti civili.