MARIO CONSANI
Cronaca

Le magliette della Panicucci sviliscono Audrey Hepburn

Il Tribunale: "Immagine svilita". Le t-shirt prodotte dal marchio creato dalla conduttrice. Sono stati i figli dell'attrice a intentare la causa

Federica Panicucci e una delle magliette "incriminate"

Milano, 15 giugno 2019 - Ce n'era una con lei in primo piano, solito sguardo dolce e un po’ malinconico, che però faceva scoppiare una bolla di chewing-gum. E un’altra con l’indimenticabile protagonista di Colazione da Tiffany che, sia pure con naturale eleganza, stavolta alzava però il dito medio. E quella dove l’interprete di Vacanze romane era quasi ricoperta dai tatuaggi (e chissà cosa avrebbe detto Gregory Peck scarrozzandola sulla sua Vespa). Tutte t-shirt con l’immagine rielaborata della mitica Audrey Hepburn, l’attrice britannica che tra gli anni ’50 e ’60 fece innamorare sullo schermo le più celebri star di Hollywood e che scomparsa 25 anni fa è divenuta nel tempo un po’ l’icona universale dell’eroina romantica, ma libera.

Anche per questo, probabilmente, le magliette della Hepburn erano vendutissime tra quelle prodotte da Let’s bubble, il marchio di abbigliamento un po’ ironico un po’ dissacratorio creato dalla conduttrice televisiva Federica Panicucci. Peccato che nessuno però avesse chiesto agli eredi dell’attrice il permesso di utilizzare la sua immagine a fini commerciali. Così i suoi due figli, Luca Dotti e Sean Hepburn Ferrer, hanno fatto causa al sito internet (sede legale a Novara) che commercializzava le magliette, gestito dal compagno della Panicucci, Marco Bacini, e hanno ottenuto ragione dal tribunale civile di Torino.

Per i giudici, infatti, trattandosi di t-shirt non è «ravvisabile alcun interesse pubblico all’informazione né alcuna finalità di fornire alla collettività un’informazione sui fatti di qualche utilità sociale», tali da poter prescindere dal consenso degli aventi diritto nella diffusione dell’immagine della diva. Trattandosi di semplice sfruttamento a fini commerciali, quel permesso ci voleva, eccome. E il suo valore viene stimato in 45mila euro di risarcimento dovuto. Ma non basta, perché il tribunale ha accolto la richiesta danni avanzata dagli eredi anche sotto altri profili.

Quello derivante «dall’annacquamento dell’immagine della Hepburn per la perdita di valore commerciale», (11.250 euro i danni liquidati) visto che l’attrice «viene ritratta con il dito medio alzato o ricoperta di tatuaggi o ancora con grandi palloncini di gomme da masticare in bocca», mentre per legge «il ritratto non può essere messo in commercio quando (...) rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro nella persona ritrattta». E per queste stesse ragioni il tribunale civile torinese ha riconosciuto ai figli pure un danno morale (5mila euro) «tenuto anche conto el cattivo gusto e dell’offensività delle immagini» dell’indimenticata attrice premio Oscar nel ’54.

«È una giurisprudenza ormai consolidata quella che tutela il ritratto su qualunque supporto sia realizzato, comprese quindi le magliette, in base alla legge sul diritto d’autore», osserva l’avvocato Gloria Gatti, esperta della materia. «Proprio con riferimento alla Hepburn anche il tribunale di Milano, anni fa, ritenne meritevole di tutela addirittura “l’immagine evocativa” dell’attrice, ravvisando una violazione del suo diritto in una campagna pubblicitaria che aveva come protagonista una modella con lo chignon, un tubino nero, lunghi guanti, gioielli e occhiali neri che evocavano inconfondibilmente l’immagine della diva in Colazione da Tiffany».