
Anna Giugliano faceva la segretaria in una scuola
Rozzano (Milano), 19 marzo 2025 – Imputazione coatta per uno dei due medici indagati nel caso della 28enne Anna Giugliano, che l'8 marzo del 2023 si era sottoposta a un intervento per ridurre il peso attraverso la chirurgia bariatrica, all'Istituto clinico Humanitas di Rozzano, e che il 21 marzo era morta, dopo che due giorni prima era arrivata al pronto soccorso ed era stata ricoverata nello stesso ospedale per via di forti dolori alla pancia e febbre alta. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari di Milano Alberto Carboni, accogliendo invece la richiesta di archiviazione per l'altro medico finito al centro dell'inchiesta per omicidio colposo.
I nuovi accertamenti
Adesso la Procura dovrà quindi formulare la richiesta di rinvio a giudizio per uno dei due professionisti, in particolare quello che eseguì l'operazione e che diede alla paziente le informazioni su possibili complicanze e segnali a cui prestare attenzione. La pm Valentina Mondovì aveva già chiesto una volta per entrambi i medici l'archiviazione, alla quale si era opposta la famiglia della donna. Lo scorso giugno il gip aveva disposto nuovi accertamenti, ordinando alla Procura di sentire a verbale un'operatrice dell'Humanitas, oltre alla madre e alla sorella della 28enne, e di effettuare una serie di analisi sul suo cellulare riferite ai giorni compresi tra il 10 e il 18 marzo 2023. Dall'escussione della dietista che il 16 marzo aveva contattato Anna per il follow up, è emerso che la paziente l'aveva informata dello stato febbrile e che lei, a sua volta, aveva avvertito il chirurgo che l'aveva operata.

Febbre e dolori lancinanti
Anna Giugliano, di Oleggio in provincia di Novara, l'8 marzo 2023 si era sottoposta a un intervento di chirurgia bariatrica – intervento che consiste nella creazione di una piccola tasca gastrica verticale, preposta ad accogliere il cibo e non più comunicante con il resto dello stomaco, che però viene lasciato in sede. Undici giorni dopo, il 19 marzo, era arrivata al pronto soccorso dello stesso ospedale per via di forti dolori alla pancia e febbre alta. Ricoverata, era stata sottoposta a tre operazioni. Due giorni dopo il decesso, per uno choc settico da peritonite come ha successivamente dimostrato l'autopsia: i punti di sutura posizionati nello stomaco avevano ceduto e si era diffusa un'infezione interna.
La richiesta d’archiviazione
L’inchiesta giudiziaria ha avuto come obiettivo quello di verificare se la paziente fosse stata informata in modo corretto, esauriente e completo circa le possibili complicazioni nella fase postoperatoria; e nel momento successivo, la verifica delle comunicazioni intercorse fra i medici dal momento in cui erano stati messi al corrente del "persistente stato febbrile e dei dolori" lamentati dalla giovane, la quale aveva annotato la sua temperatura su alcuni fogli a partire dal 15 marzo.
Nell’aprile del 2024 la pm Mondovì aveva chiesto l’archiviazione per entrambi i medici indagati – quello che l’aveva operata e quella che l’aveva seguita nella fase post operatoria – anche sulla base di una consulenza secondo la quale l'intervento era stato eseguito secondo le linee guida e con modalità tecniche operative adeguate. E anche le dimissioni erano avvenute sulla base delle procedure; inoltre la donna era stata mandata a casa in condizioni di "stabilità clinica", e il cedimento dei punti e la successiva infezione non potevano essere prevedibili. Richiesta d’archiviazione a cui si era opposta la famiglia della giovane.