NICOLA PALMA
Cronaca

Omicidio Bellocco, qualcosa non torna: il capo ultrà Inter Andrea Beretta lo ha accoltellato e poi si è sparato da solo?

Delitto a Cernusco sul Naviglio, il 49enne leader del tifo in Curva Nord: mi sono difeso. Sullo sfondo la lotta per il potere al secondo anello verde col rampollo della ’ndrangheta

Antonio Bellocco e Andrea Beretta

Antonio Bellocco e Andrea Beretta

Cernusco sul Naviglio (Milano) – Ci sono troppe cose che non tornano. Almeno tre. Elementi investigativi che fanno ritenere che le cose in via Besozzi non siano andate come ha raccontato il capo ultrà dell’Inter Andrea Beretta, accusato di aver ucciso con due coltellate alla gola il trentaseienne Antonio Bellocco, esponente dell’omonima famiglia di ’ndrangheta e sempre più influente al secondo anello verde di San Siro.

Partiamo dalla prima dinamica accreditata dal quarantanovenne pluridaspato. I due si sono visti poco prima delle 11 alla palestra Testudo di Cernusco sul Naviglio: Beretta si stava allenando nella scuola di pugilato frequentata da ultrà nerazzurri, mentre Bellocco è arrivato in macchina proprio per incontrare il quarantanovenne. I due, visti scherzare da alcuni testimoni, sono usciti insieme e sono saliti sulla Smart di Bellocco: lì, secondo quanto detto da Beretta, il conducente gli avrebbe sparato, colpendo tra il fianco e la schiena; lui avrebbe reagito accoltellando alla gola Bellocco e uccidendolo.

Cosa non torna nell’omicidio

Tuttavia, ci sarebbero diversi pezzi del puzzle non ancora al loro posto, stando ai primi accertamenti investigativi compiuti dai carabinieri del Comando provinciale di Milano sotto il coordinamento del pm Paolo Storari. Tradotto: al momento, stando a quanto risulta al Giorno, l’ipotesi ritenuta più verosimile è che Beretta abbia fatto tutto da solo. Cosa lo fa pensare? La posizione in cui è stata ritrovata l’arma, sotto il corpo di Bellocco. Il fatto che il caricatore fosse fuori dalla Smart. E un terzo elemento non ancora chiarito che potrebbe essere legato all’assenza di impronte o del colpo in canna. In questo scenario, la pista più accreditata sostiene che il capo ultrà, convinto che Bellocco volesse eliminarlo, ne abbia anticipato le mosse. Va detto che gli accertamenti investigativi sono appena iniziati e che resta in primo luogo da capire chi abbia portato la pistola e il coltello.

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Il profilo di Bellocco

Un omicidio che rischia di innescare una pericolosa faida. Un delitto che sporca ancora una volta l’immagine già compromessa del mondo ultrà. La vittima è un nome che pesa: quello di Antonio Bellocco, 36 anni, condannato in via definitiva a 9 anni per associazione mafiosa e altri reati, alcuni aggravati. L’indagine che lo ha coinvolto nel 2013 si chiamava “Tramonto” e lo ha portato in cella da incensurato insieme ad altri esponenti della potente famiglia della Piana di Gioia Tauro. Nel maggio 2014, è arrivata la sentenza di primo grado, in abbreviato: 14 anni di reclusione.

Nei capi d’imputazione ricostruiti in 526 pagine di motivazioni, si legge che il nipote del capobastone Umberto "forniva un costante contributo per la vita dell’associazione in occasione dei colloqui con la madre Aurora Spanò, la aggiornava sugli avvenimenti più recenti relativi a dinamiche d’interesse del sodalizio, le comunicava messaggi e informazioni degli altri affiliati e inoltre forniva un contributo rilevante nella consumazione di alcuni reati fine e, più in generale, si metteva a completa disposizione degli interessi della cosca".

La condanna

Tra le accuse c’era pure quella di aver agevolato la latitanza del cugino Francesco, presentandosi in Comune al posto suo (con un documento falso) per riconoscendo all’Anagrafe il figlio del parente nascosto in un bunker. In Appello, nel 2017, la pena è stata ridotta a 10 anni e 2 mesi, per poi arrivare ai 9 definitivi della Suprema Corte nel 2019. Dopo aver scontato la condanna, Bellocco, che risultava essere in libertà vigilata, si è trasferito nel Milanese, prendendo casa a Pioltello. Un anno fa, Radio Curva ha iniziato ad associarlo alla Nord, anche se chi monitora quotidianamente quello che succede al secondo anello verde spiega che il trentaseienne non è una presenza fissa allo stadio: si sarà visto un paio di volte al massimo.

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La partitella e il duello per la Curva

Sui social, invece, Bellocco si faceva vedere molto di più, in particolare con l’attuale frontman del tifo organizzato di fede nerazzurra, Marco Ferdico. I due sono insieme in diversi scatti, come se fossero amici da una vita. E Bellocco è presente in un’altra istantanea, scattata la sera prima che venisse ucciso in una stradina di Cernusco sul Naviglio: indossa maglietta e pantaloncini dell’Inter, abbracciato agli altri ultrà impegnati in una partita di calcetto con i cugini rossoneri; nello stesso scatto, sorridente e in divisa nera da portiere, c’è pure Andrea Beretta, l’uomo che la mattina dopo lo ucciderà con un paio di fendenti alla gola.

Una foto che trasmette armonia tra i curvaioli, ma che sarebbe una rappresentazione artefatta. Sì, perché in realtà, sussurrano dalle parti del Meazza, tra i due era in corso un duello per la leadership. Beretta, braccio destro di Boiocchi fino alla sua morte, era l’erede designato, ma la sorveglianza speciale (con divieto di soggiorno a Milano) e il Daspo da 10 anni ne hanno giocoforza limitato il margine di manovra, impedendogli banalmente di controllare fisicamente il territorio. Allo stesso tempo, Bellocco potrebbe aver approfittato di quel vuoto di potere per scalare posizioni e guadagnare progressivamente terreno.