L’appuntamento è per sabato 23 marzo in piazza Città di Lombardia, sotto il palazzo della Regione. Qui i rappresentanti delle associazioni della disabilità daranno vita ad una "protesta pacifica e danzante" contro le scelte compiute dalla Giunta regionale dal 28 dicembre ad oggi sul delicato tema dei fondi e dei servizi domiciliari destinati alle persone con gravissima disabilità e alle loro famiglie. Un flash mob a passo di danza per denunciare un passo indietro, anzi, denunciano le associazioni, "un vero e proprio salto all’indietro". Il rischio, infatti, è che dal primo giugno le risorse e l’assistenza alla disabilità gravissima siano ulteriormente indebolite, che contestualmente venga meno la libertà di scelta delle famiglie, ritenuta invece inviolabile dalle convenzioni Onu, e, non bastasse, che le nuove richieste di accesso alla B1, la misura dedicata proprio alla disabilità gravissima, restino in lista d’attesa per un tempo che non può essere determinato a priori. Sono 51 le associazioni che hanno firmato il comunicato col quale si annuncia il flash mob. Le medesime sono tornate a scrivere ai ministeri delle Politiche sociali, delle Disabilità e della Salute nonché alla presidenza del Consiglio dei ministri.
All’origine della protesta c’è la delibera con la quale la Giunta regionale, il 28 dicembre, ha deciso di ridurre, a partire dal primo giugno, i contributi destinati alle famiglie delle persone con gravissima disabilità in cambio, sulla carta, di un potenziamento dell’assistenza domiciliare. Una scelta in parte rivista il 28 febbraio, quando, dopo la rivolta delle associazioni, l’assessore regionale Elena Lucchini ha azzerato i tagli per chi ha disabilità complesse e li ha ridotti per tutti gli altri attraverso un diverso uso di risorse esistenti. Al tempo stesso, però, Lucchini ha fatto sapere che con ogni probabilità le nuove richieste di B1 che arriveranno da marzo ad ottobre resteranno in attesa per mancanza di fondi.
Da qui il flash mob per una protesta "pacifica", "danzante" ma anche, sottolineano gli organizzatori, "senza bandiere di partito" ed aperta alle associazioni della disabilità di altre regioni. "Non vogliamo prestare il fianco ad una Giunta regionale che gioca a strumentalizzare la preoccupazione e la rabbia di centinaia di famiglie – spiega Fortunato Nicoletti, vicepresidente di “Nessuno è Escluso“ –. Crediamo invece necessario il coinvolgimento di associazioni di altre regioni perché quello che sta accadendo in Lombardia, purtroppo, è destinato a ripetersi altrove". La delibera lombarda, infatti, è in parte dovuta alla riforma del Piano Nazionale per la Non Autosufficienza (PNNA) varata dal Governo Draghi. Tre, allora, i motivi del malcontento. Il primo: "I fondi usati per la rimodulazione dei tagli vengono recuperati da una concessione una tantum del Ministero e dal travaso degli oltre 4 milioni del fondo caregiver (ancora una volta fondi ministeriali) già destinati a chi ogni giorno si prende cura di un familiare. L’integrazione dei fondi non è strutturale e tampona solo per il 2024 le decurtazioni, rendendo più lenta l’implementazione di servizi già scarsi e inadeguati". Secondo: "Non si fa riferimento alla modalità d’implementazione dei Leps attraverso la collaborazione con le associazioni. E non sono stati prospettati gli strumenti per il 2025". Terzo: "La questione più grave in assoluto è il blocco delle liste della misura B1: impedire nuovi accessi finché non vi saranno uscite rende l’idea della scarsa attenzione della Regione ai caregiver familiari. Forse è bene rimarcare che la disabilità e la non autosufficienza non possono avere liste di attesa, ma richiedono tutti i giorni il sacrificio delle famiglie".