Quale rapporto hanno con la musica premi Nobel, scienziati e personaggi famosi? L’influencer sandonatese Filippo Poletti, top voice di Linkedin, una laurea in musicologia e studi di chitarra classica, ha cercato di rispondere con un libro, “L’arte dell’ascolto: musica al lavoro“, che racchiude 120 interviste da lui realizzate, nell’arco di 25 anni, ad altrettanti grandi italiani, da Francesco Alberoni a Piero Angela, da Giorgio Armani a Enzo Biagi, da Norberto Bobbio a Mike Bongiorno, da Renato Dulbecco a Eugenio Finardi. Nell’elenco ci sono anche Dario Fo, Margherita Hack, Enzo Jannacci, Rita Levi-Montalcini, Alda Merini, Indro Montanelli, Carlo Verdone, Umberto Veronesi, Bruno Vespa, Paolo Villaggio e molti altri. Ad accompagnare la lettura è l’omonima playlist “L’arte dell’ascolto: musica al lavoro“, pubblicata su Spotify e composta da 34 ore di ascolto dei brani citati nelle interviste, dalla tragedia greca a Vasco Rossi e Taylor Swift. Ne parliamo con l’autore.
Da cosa prende le mosse il libro?
"Sono partito da una domanda: come si ascolta la musica da Nobel? Qual è la playlist dei grandi italiani degli ultimi 100 anni? E ancora, cosa significa ascoltare la musica da alpinista, archeologo, architetto, astrofisico, attore e via dicendo? Ne è scaturito un viaggio emozionante tra ricordi, aneddoti e spunti di riflessione".
Cosa emerge dalla interviste? "Non esiste un grande personaggio che non apprezzi la musica e non cerchi di esplorare anche questa dimensione".
Qualche curiosità?
"Ce ne sono a decine. Mike Bongiorno era un grande estimatore di Vivaldi, Giorgio Armani ha scelto più di una volta i brani di Maurice Ravel come colonna sonora delle sue sfilate. A Maria Mandelli, in arte Krizia, domandai se, a suo avviso, la musica fosse una moda: mi rispose che la grande musica non conosce le mode. Piero Angela mi disse che Bach è tra gli autori più vicini alla razionalità della scienza".
Cos’altro?
"Rita Levi Montalcini mi confidò di aver ascoltato la musica classica come una sorta di terapia, per ritrovare la serenità dopo il suicidio del nipote Guido. In altri casi, il rapporto con la musica riflette le convinzioni religiose. Ricordo, ad esempio, una frase del cardinale Gianfranco Ravasi: “I teologi hanno sempre cercato prove dell’esistenza di Dio, ma si sono dimenticati dell’unica prova rappresentata dalla musica di Bach“".
Solo musica classica?
"No, in realtà. Mario Giuliacci ama molto Ennio Morricone, in particolare il tema di Jill in “C’era una volta il West“: un brano per lui immortale. A Indro Montanelli domandai quale canzone avrebbe dedicato all’Italia e lui rispose “Volare“ di Domenico Modugno. Massimo Scaccabarozzi, per anni al timone di Farmindustria, è il frontman di una band che propone le cover di Vasco Rossi".
Dunque, la musica come riflesso dell’infinito?
"A mio parere, è così. Nelle scuole dovrebbe essere dedicata più attenzione a questa materia. Bisogna educare all’ascolto fin dalla più giovane età".