GIULIA BONEZZI
Cronaca

I martiri ragazzini di via Botticelli. Murale di 30 metri sul loro coraggio

Le storie di Tullio, Orazio, Giancarlo e Giuseppe, fucilati dai repubblichini. E di Gianna che portò loro i fiori. L’opera di Orticanoodles e OrMe realizzata insieme agli studenti della Statale. "A maggio faremo una festa".

L’inaugurazione del murale in piazza Occhialini Foto Fasani/Ansa

L’inaugurazione del murale in piazza Occhialini Foto Fasani/Ansa

Giuseppe Bodra era l’unico dei quattro ad aver compiuto diciott’anni, che non bastavano all’epoca nemmeno per essere maggiorenni; Tullio Di Parti, Giancarlo Tonissi e Orazio Maron ne avevano sedici, anche se Orazio lavorava già all’Atm, all’Officina Teodosio come suo padre. Ma anche all’epoca quei ragazzi erano troppo giovani per l’università, sottolinea Silvia Romani, delegata della Statale cui appartiene il muro all’angolo tra piazza Occhialini e via Botticelli al quale furono messi i quattro ragazzini del Fronte della Gioventù – quello della Resistenza – dai repubblichini del Battaglione Azzurro dell’aeronautica di Salò, che li avevano rastrellati, portati nella caserma di piazza Novelli e torturati per la presunta colpa d’aver distribuito volantini antifascisti al cinema Pace di corso Buenos Aires. I fascisti non li trovarono troppo piccoli nemmeno per fucilarli per strada, lì a Città Studi, all’alba del 6 gennaio 1945.

"Quando, alle prime luci, siamo andati a vedere", raccontò un testimone del quartiere svegliato dalle raffiche, c’erano "sui muri e sulla neve i segni di quel massacro". Sangue sul bianco, ché faceva freddo in quell’ultimo inverno di dittatura e di guerra, "anche dentro i cuori", osserva Walter Contipelli in arte Wally, del collettivo artistico Orticanoodles che insieme all’associazione OrMe, al Comune, alla Statale, a Mm e all’Anpi ha concepito un murale realizzato insieme a studenti e studentesse dell’ateneo, che fissa su quel muro la storia dei "ragazzi di via Botticelli", raccontata anche da Antonio Scurati nell’ultimo volume della saga M. Per far vivere la memoria di questa tra le innumerevoli, brutali violenze inferte dai fascisti, dopo l’occupazione insieme ai nazisti, al popolo italiano.

Era difficile far sintesi migliore della vecchia targa che però si legge a fatica, piombo su piombo: "Salvaste l’Italia non morrete mai! Ai giovani purissimi studenti partigiani" "uccisi dai nemici della libertà e dell’Italia". Ma questo è un murale lungo trenta metri, concepito come una striscia a fumetti che si legge da sinistra a destra, spiega Wally ("L’unico elemento che va in senso contrario è la Balilla" della polizia fascista): inizia con un montaggio di partigiani in montagna e Milano innevata, doppio fronte della lotta di liberazione; nel mezzo i volti di Tullio, Carlo, Orazio e Giuseppe, ed è tutto bianco e nero tranne alcune chiazze rosse sangue, che però proseguendo verso via Colombo si trasformano in garofani; e le sagome di una donna e un ragazzino camminano per mano verso il finale (un albero a chiudere il tricolore).

Una storia nella storia, che ieri all’inaugurazione ha raccontato a una piccola folla di autorità, studenti e altri antifascisti Roberto Vallini: il ragazzino è suo fratello, che aveva dodici anni nel ’45, e la donna, Gianna Morelli, "era la mia mamma ed era una partigiana". Col figlio più grande e le compagne celebrò l’8 marzo andando a infilare, due mesi dopo l’eccidio, dei fiori e dei volantini dei Gruppi di difesa della donna nei buchi lasciati dai mitra. Un’altra delle innumerevoli cicatrici sui muri delle città del Centro-Nord occupato e delle frazioni appenniniche che hanno pagato un tributo crudele nella lotta partigiana per la libertà che fu "un movimento di massa", ricorda il presidente provinciale dell’Anpi Primo Minelli.

E ha lasciato nei luoghi una memoria diffusa che a Milano il Comune e la Statale hanno voluto ordinare con una mappa fisica e digitale, "80 luoghi per 80 anni di libertà", in occasione di quest’anniversario che il Governo più a destra della storia repubblicana raccomanda di celebrare "sobriamente" dato il lutto per la morte di Papa Francesco. Benché, da vivo, "non abbiano condiviso quello che diceva", osserva Minelli augurandosi "che la sobrietà non sia utilizzata per ridimensionare l’ottantesimo della Liberazione e non parlare della lotta antifascista". Nel dubbio, annuncia il responsabile del progetto Milano è memoria Luca Gibillini, intorno al murale per i ragazzi di via Botticelli "a maggio vorremmo organizzare una grande festa di quartiere".