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Attilio Fontana
Milano – È una voce fuori dal coro, quella di Attilio Fontana. Un fatto non certo frequente quando si tratta di Lega e di affari interni alla Lega. Uomo di partito, il presidente della Regione Lombardia: alla polemica sulla pubblica piazza preferisce la mediazione nel chiuso delle stanze. Uomo spogliatoio per usare una metafora sportiva: è lì che ci si confronta con il resto della squadra, non a favore di pubblico. Questa volta, però, Fontana ha messo da parte l’abituale contegno, ha avuto parole diverse rispetto a quelle di altri esponenti di primo piano del Carroccio e ha preso una posizione chiara, chiarissima su un tema interno al partito ad oggi ancora irrisolto e decisamente delicato. E ha fatto tutto questo con dichiarazioni pubbliche. Ci voleva Umberto Bossi, evidentemente. Ci voleva la decennale amicizia e l’indubbia gratitudine che un leghista della prima ora riserva al fondatore del Carroccio.
È proprio Bossi il tema sul quale il governatore lombardo si è distinto: niente da fare, per lui il Senatur non si tocca, non si tocca nemmeno se, nemmeno quando per interposta persona invita i leghisti a non votare per la Lega alle elezioni Europee appena passate agli archivi. Che Bossi non veda tracce della sua Lega in quella di Matteo Salvini, lo si è capito da tempo. Che non ne veda in un profilo quale quello di Roberto Vannacci è altrettanto noto e pure comprensibile sotto alcuni aspetti. L’endorsement per interposta persona a Marco Reguzzoni, ieri leghista (anzi: ieri capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati) ed oggi presidente dell’associazione politica “I Repubblicani“ candidatosi da indipendente nelle liste di Forza Italia, ha solo reso evidente quello che era ovvio. Che Fontana prenda una posizione netta senza curarsi dell’attendismo del segretario federale del partito è invece una scelta evidente e non ovvia.
Salvini ha detto, infatti, di volersi rimettere al parere dei militanti prima di prendere una decisione su eventuali sanzioni nei confronti di Bossi. Chiaro che Salvini possa aver voluto prendere tempo in attesa che la questione cada nell’oblio, fino alla prossima scadenza elettorale. Ma ufficialmente la posizione del partito e del suo segretario resta attestata su un possibilismo decisamente impensabile fino a qualche tempo fa quando c’era in ballo Bossi. Fontana ha un’idea diversa, continua ad avere la stessa idea che hanno sempre avuto i leghisti in questi anni: l’Umberto è intoccabile. "Su Bossi non scherziamo. Bossi è una cosa sulla quale neanche si può fare nessun accenno": così ha risposto il presidente della Regione Lombardia, ieri mattina, ai cronisti che gli hanno chiesto un parere sulle sanzioni. Parole proferite, per l’esattezza, a margine della posa della prima pietra per la Gigafactory di De Nora a Cernusco sul Naviglio. "Bossi – ha sottolineato Fontana – è assolutamente il fondatore, colui che ha sempre consentito a tutti noi di svolgere attività. Bossi non si tocca".
Discorso diverso per quello che riguarda Paolo Grimoldi, l’ex segretario della Lega Lombarda, da tempo tra i più convinti dissidenti della linea – a suo dire varia e incostante – imposta al Carroccio da Salvini. Proprio Grimoldi ha riferito l’endorsement di Bossi per Reguzzoni. "Su Grimoldi – dice allora Fontana – ci sono gli addetti, ci sono i vertici che prenderanno le loro decisioni: vedremo". Non proprio un attacco frontale, quello di Fontana: come detto, non è nello stile del governatore. Ma nemmeno una difesa a spada tratta, quale quella proferita poco prima per Bossi. Le parole del governatore lombardo risaltano ancor di più se messe a confronto con quelle di altri big della Lega, a partire dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: "Bossi ha insegnato a tutti noi la coerenza e la coerenza è votare Lega. Della vicenda, che ho appreso dalle agenzie di stampa, mi pare d’aver capito che Bossi non abbia dichiarato, ma qualcun altro abbia dichiarato per lui. Il ché non cambia, perché se non è stato smentito il fatto, vuol dire che il fatto è vero". Non solo Zaia, però.
Ecco Alessandro Morelli, uno che nella Lega di Salvini ha un peso, attualmente sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri: "Per me Bossi era un mito, un leader carismatico. Io personalmente ho vissuto le parole di Bossi come un grave tradimento. Un figlio tradito dal padre". "Non vorrei che oggi per le difficoltà che Umberto ha, ci sia un cerchio tragico intorno a lui". Il riferimento è, come ovvio, anche a Paolo Grimoldi. Fanno rumore non solo le dichiarazioni appena riportate, ma anche i silenzi di altri esponenti di primo piano del Carroccio, evidentemente combattuti tra la lealtà al fondatore e quella all’attuale segretario. Fontana, invece, ha detto chiaramente la sua su un tema spinoso per il segretario federale. Ed è la seconda volta nel giro di poco tempo: galeotte furono le Europee.
A “sobillare“ il governatore nella precedente occasione fu proprio Vannacci e le sue dichiarazioni – poi rivedute e corrette – a proposito della necessità di (ri)valutare classi separate per gli alunni con disabilità. In quell’occasione, a dire il vero, Fontana non fu l’unico a prendere le distanze dal neocompagno di partito. Ma non fu nemmeno uno dei tanti. Solo Giancarlo Giorgetti, tra i big, prese nettamente posizione contro il Generale. "Io sulla questione degli alunni con disabilità sono assolutamente contrario a quanto sostiene il generale, anche dal punto di vista delle politiche che stiamo portando avanti in Regione". Può essere che ci si sbagli ma a volte le parole dei solitamente silenti sono il primo vero indizio che sta prendendo quota la necessità di un cambio non tanto o non per forza nelle persone ma, invece, nelle prassi.