"Quello che sappiamo è che il 27 settembre dobbiamo fare l’inventario e dal 28 saremo chiusi. Poi se saremo in cassa integrazione, se avremo una lettera di licenziamento per accedere alla naspi, non lo sappiamo ancora", dice Antonio Laruina. "Fino a oggi nessuna delle proprietà ci ha incontrato. La vecchia ha comunicato in conference call, come se fossero negli Stati Uniti. Abbiamo appreso tutto in piena estate, da un vocale mandato da uno di noi in chat, e poi dai comunicati stampa dei sindacati", racconta il dipendente di Grancasa.
Ieri per tutta la mattina gli addetti del grande magazzino di via Amendola sono stati in presidio, per raccontare anche ai clienti quello che sta accadendo. "Abbiamo persone a cui dobbiamo consegnare la cucina. E giustamente sono preoccupate", racconta un addetto mentre rassicura una signora di aver già chiamato i fornitori. Tutto il marchio Grancasa è stato acquisito da Risparmio Casa del Gruppo Battistelli. "Si parlava di salvataggio di negozi e oltre 300 famiglie, ma non è vero: stanno portando solo disoccupazione in Lombardia – commenta Laruina –. A rimetterci sono i dipendenti: noi 27 con la chiusura, a Legnano dove dicono già che sono troppi e ad alcuni hanno detto di andare a Pomezia".
Il punto vendita di Paderno è l’unico che non riaprirà con l’insegna Risparmio Casa. "Non abbiamo una risposta concreta e reale del perché sia stato escluso – ammette Roberto Ciccarelli, Uiltucs Lombardia –. La nostra ipotesi è che l’immobile sia di proprietà della banca e quindi sia stato scorporato. Stiamo parlando di 27 addetti, un’incidenza minima sul costo del lavoro per un’azienda simile". Le proposte dei sindacati sono due. "La prima è che Risparmio Casa prenda anche questo punto vendita e sarebbe lo scenario migliore. La seconda è che la società attinga da questi 27 dipendenti il personale mancante per i suoi punti vendita".
Nel polo padernese l’occupazione è quasi tutta femminile. "E con un’età anagrafica medio alta e un’anzianità professionale anche di 30 anni, quindi diventa difficile reinserirsi nel mondo del lavoro, soprattutto oggi – sottolinea Danilo D’Agostino, Filcams –. L’azienda mostra chiusura: non è stata aperta la procedura di mobilità, non ci sono stati incentivi all’esodo". Una situazione a cascata e una soluzione da trovare in due settimane. "Ci sono anche tre lavoratrici di una coop di pulizie e anche loro avranno un contraccolpo, perché perderanno il posto", conclude Massimo Cuomo, Filcams regionale.