Nel cortile del Beccaria un giardino razionale dalle aiuole curate. Tutto intorno, se ne arrampica idealmente un altro: un murale floreale e onirico. Lì dove due anni fa c’era solo un ammasso di detriti, inaugura lo spazio ristrutturato dalla Fondazione Francesca Rava con il sostegno delle Fondazioni di Covivio e Deloitte. È uno degli obiettivi raggiunti grazie al progetto “Palla al centro”, portato avanti dalla Fondazione Rava all’interno dell’Istituto per minori milanese e nato nel 2020 da un accordo di collaborazione con il Tribunale per i Minorenni di Milano e il Centro per la Giustizia Minorile per la Lombardia. Finalità del progetto: la realizzazione di percorsi di rinascita e di formazione in vista del futuro reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Ragazzi che "hanno solo bisogno di essere riempiti di cose belle", afferma la presidente Mariavittoria Rava. "Molti vengono dalla strada e dalla povertà, noi vogliamo mostrare loro qualcosa di diverso. Abbiamo passato ore a creare questo spazio con loro, ecco perché è così importante. Siamo partiti dal riqualificare le celle, abbiamo realizzato la palestra. Ora abbiamo il grande sogno di ristrutturare il campo sportivo esterno".
Insistere col presidiare un contesto difficile. "Le difficoltà ci sono ma è nostro impegno riportare l’istituto ad essere un luogo di rieducazione, formazione e lavoro. Dobbiamo tornare a riportare la speranza", dichiara intanto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari. Parla di "segno di speranza" anche il direttore dell’Ipm Claudio Ferrari, che sottolinea come la volontà sia quella di continuare a dialogare con il territorio e con il terzo settore: "Non è mutato il modello della giustizia minorile, ma è cambiata l’utenza. Ci troviamo di fronte a situazioni già molto compromesse: minori stranieri non accompagnati, spesso con problemi di dipendenza e disagio psichico. Più di rieducare si tratta di educare".
A realizzare il murale che circonda il giardino sono stati proprio questi ragazzi. Albania Pereira, arte terapeuta che da quattro anni lavora nell’Ipm tramite la Fondazione, racconta: "Mi colpisce sempre la loro grinta, proprio quella che a volte risulta ingestibile. Hanno della genialità, ma la usano in modo sbagliato. Quando li frequenti capisci che c’è la sostanza ma non c’è il contenitore. Siamo noi a doverlo creare".
Jessica Muller Castagliuolo