ANDREA GIANNI
Cronaca

Il cappellano del Beccaria, la confessione di Riccardo. “C’è un vuoto incolmabile, ora gli starò accanto"

Don Claudio Burgio: non ci sono risposte, servirà tempo per capire il perché. "L’inserimento in carcere sarà difficile, gestiremo anche questa fase"

Il cappellano del Beccaria: "C’è un vuoto incolmabile. Abbiamo avviato un dialogo. E ora gli starò accanto"

Il cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano don Claudio Burgio ha confessato il ragazzo

Milano – "Non mi sembra giusto dare spiegazioni riduttive, non mi avventuro in analisi psicologiche o sociologiche dopo aver visto il ragazzo una sola volta perché sarebbe sbagliato e rischierei di scivolare nella banalità e nella retorica. Quello che mi sento di dire è che in questi casi ci vuole un lungo silenzio. Un’epochè, una sospensione del giudizio, perché è troppo drammatico quanto accaduto da poter essere spiegato subito come noi magari pretendiamo di fare. Il ragazzo non è in grado di dare una spiegazione, noi nemmeno. Non è pensabile capire oggi il perché di questo gesto. Bisogna avere pazienza, aspettare il tempo che sarà necessario". Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, fa questa premessa, riflettendo sulla strage in famiglia che ha insanguinato Paderno Dugnano. Ieri ha confessato Riccardo C., il 17enne che ha massacrato il fratellino e i genitori, e ora si trova in carcere.

Come è andato l’incontro?

"Ho trovato un ragazzo fragile, chiaramente provato e frastornato ma molto lucido e in grado di comunicare. Penso che non riesca neanche lui a darsi una spiegazione per quello che è successo. Dopo la confessione abbiamo avuto un breve colloquio, abbiamo avviato un dialogo, senza forzare la mano e affrettare i tempi. Siamo rimasti insieme circa mezz’ora. Pur essendo cresciuto in un ambiente dal retroterra cattolico, come tanti altri giovani, il ragazzo da quello che mi risulta non frequentava abitualmente la Chiesa. Forse, in questo momento, ha sentito il bisogno di avvicinarsi alla religione, di avere un conforto, un appiglio per non precipitare. Noi non possiamo fare altro che stargli vicini. Si tratta del classico ragazzo “normale“, che non proviene da un contesto di devianza. Caratteristiche che spesso si riscontrano anche in altri casi analoghi".

Quale riflessione si può fare, dopo quello che è successo?

"C’è un dolore, domande profonde che non si riescono a decifrare, a cui non si riesce a dare una risposta. Un vuoto incolmabile. Forse anche le nostre proposte non sono all’altezza, e anche la Chiesa deve fare una riflessione. In vent’anni ho incontrato tantissimi minorenni che hanno commesso reati o hanno un vissuto difficile ma questo caso è diverso, mi ha lasciato attonito. Farò di tutto per stargli vicino, per seguirlo nel percorso che si troverà a seguire, di rispondere a un bisogno di ascolto e di conforto".

Come potrebbe essere la vita in carcere, per un ragazzo che non finora non ha mai avuto problemi con la giustizia e non proviene da un contesto di microcriminalità?

"Su questo aspetto ci stiamo interrogando, anche se in questo momento, per il reato commesso, non vedo alternative alla detenzione. Forse, trascorso un periodo, potrebbe essere utile un percorso in comunità, anche se le strutture sono poche e hanno pochi posti a disposizione. Cercheremo di gestire anche questa fase, consapevoli che l’inserimento al Beccaria potrebbe presentare alcune difficoltà. Speriamo, inoltre, che i nonni decidano di continuare a stargli vicini. Mi sembra che abbiano già espresso questa volontà".

C’è una frase, un dettaglio, che l’ha colpita durante il colloquio con il ragazzo?

"Al termine della confessione mi ha detto: Tu sei quello di “Non esistono ragazzi cattivi”, riferendosi al libro in cui ho raccontato la mia esperienza al fianco di minori in difficoltà. Mi ha lasciato un po’ spiazzato. Forse ne aveva sentito parlare a scuola, o durante uno dei miei incontri con i giovani".