Milano – "I temporali sono stati causati dallo scontro tra la massa d’aria calda proveniente dall’Africa, in particolare dal deserto del Sahara, e la massa d’aria fredda in arrivo dal Nord Europa". Giorgio Vacchiano, professore associato del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, spiega la causa immediata dei fenomeni meteorologici estremi al Nord. "Quando due masse d’aria si scontrano — precisa — nelle nuvole si generano vortici verticali, dei cicloni nei quali l’aria sale e scende, all’origine della formazione di una grandine più grossa".
I fenomeni meteorologici che hanno investito la penisola italiana sono dovuti al cambiamento climatico?
"Molti degli eventi estremi accaduti sono legati, in tutto o in parte, al cambiamento del clima. L’immissione nell’atmosfera da parte dell’uomo di gas climalteranti a effetto serra ha aumentato la quantità di calore trattenuta dalla Terra e riscaldato l’atmosfera. A causa di questo riscaldamento, l’atmosfera ha cambiato il suo modo di girare intorno al pianeta. Sempre più spesso, di conseguenza, vediamo masse d’aria calda in arrivo dal Nord Africa oppure, al contrario, notiamo che le piogge si fermano sempre più a lungo sulle stesse zone, causando anche alluvioni".
In presenza di fenomeni meteorologici estremi, quanto conta l’esposizione al pericolo?
"È una questione di vulnerabilità. Un temporale può causare più o meno danni fisici alle persone a seconda dell’orario. La stessa cosa si può dire per gli incendi, più perniciosi in presenza di residenze umane vicine".
Cosa possiamo fare per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico?
"Quanto accaduto non è semplice maltempo. Questi fenomeni sono scatenati dal cambiamento climatico causato dall’uomo. Ciò significa che possiamo intervenire per impedire che aumentino".
Quali sono le soluzioni?
"Smettere di far riscaldare il Pianeta cessando di immettere nell’atmosfera gas a effetto serra, come l’anidride carbonica. Avviare uno sviluppo economico basato sulle energie rinnovabili".
Quanto è importante la divulgazione scientifica?
"È fondamentale. Scienziati, giornalisti e comunicatori devono parlare alle persone non solo con il linguaggio dei numeri, ma anche con quello dei valori: sottolineando come al cambiamento del clima corrisponda una modifica del paesaggio cui siamo affezionati o possano essere legati problemi di salute, per noi e i nostri figli. Quando prendiamo decisioni, la razionalità non è l’unica cosa che conta".
Come comunicare l’importanza della lotta al climate change?
"L’importante è far sentire le persone protagoniste. Il catastrofismo, il racconto per cui le cose andranno inevitabilmente sempre peggio genera ansia, paura, rifiuto, persino negazione. Serve invece una visione positiva per il futuro, da immaginare come migliore, più sano, in cui vivere meglio".
Quali sono i rischi che il clima innesca per l’uomo?
"La nostra specie - una delle più giovani sulla Terra - è tra quelle maggiormente esposte al cambiamento climatico. Gli esseri umani, più precisamente, risentono di questa situazione di grande difficoltà perché - negli ultimi 10mila anni, millenni in cui sono state inventate l’agricoltura, le città, l’economia e la scrittura - sono diventati stanziali, approfittando della straordinaria stabilità del clima. Una stabilità da cui, oggi, siamo già usciti".