GIULIA BONEZZI
Cronaca

Il concerto regalato. Bella ciao alla Scala: "È la festa di tutti"

All’inizio un minuto di silenzio per Papa Francesco

Fortunato Ortombina, sovrintendente e direttore artistico del Teatro alla Scala

Fortunato Ortombina, sovrintendente e direttore artistico del Teatro alla Scala

L’ottantesimo della Liberazione a Milano finisce con la Scala che canta Bella ciao, due volte con staffetta dei direttori Francesco Muraca (che con la sinistra dirige pure il battimani del pubblico) e Bruno Nicoli che aveva inaugurato i bis con l’aria che fa venire i lucciconi a moltissimi italiani, anche digiuni d’opera, il verdiano “Va, pensiero”.

Ché, "chiariamo", il 25 Aprile "è la festa di tutti", esordisce il sovrintendente Fortunato Ortombina; e chiede e ottiene un minuto di silenzio per Papa Francesco prima di dare il via al concerto gratuito, prenotazioni sparite in una manciata di minuti e gente in fila per entrare dalle 17, un’ora prima dell’inizio, godendosi nell’attesa l’esibizione urbi et orbi della Banda degli ottoni e lo spettacolo del corteo ancora lontano da veder passare la coda davanti al Piermarini. E sì, passa pure un comparto falcemartellato che dà fuoco a una bandiera dell’Ue al grido "chi sostiene il riarmo europeo lo vogliamo fuori dal corteo", ma dalla manifestazione di Milano non resta fuori nessuno: bandiere palestinesi e kefiah sparse si mescolano al gialloblù degli ucraini, una cinquina di russe intona Katjuša mentre qualcuno scandisce "Jin, jiyan, azadî", "Donna, vita, libertà", lo slogan delle proteste contro il regime iraniano, in questo spezzone più vero e a tratti poco sobrio che transita davanti al popolo del concerto.

Gente vestita meglio, senza lussi, altra che arriva dalla manifestazione col fazzoletto tricolore o rosso al collo, la bandiera arrotolata in mano. Tanti bambini, spalmano le guance sul velluto dei palchi e qualcuno saluta gli artisti che hanno regalato alla città e alla Liberazione questo concerto: orchestrali, coristi e maestranze della sezione Anpi Scala insieme a colleghi delle sezioni del Regio di Torino e del Piccolo, e a una quarantina di musicisti dell’Accademia del Piermarini; visi ventenni mescolati a teste ingrigite, com’era anche la Resistenza, ricorda Giovanni Pesce, il comandante partigiano Visone, che è morto quasi da diciott’anni ma parla con la voce degli attori Giacomo Toccaceli e Simone Tudda.

Nessun papavero sul palco reale, solo un pavese di garofani rossi a decorare la scena, solo due parole dalla vicesindaco Anna Scavuzzo, dal presidente milanese dell’Anpi Primo Minelli ("Questo concerto conclude una giornata bellissima, partecipata e pacifica e ci ricorda cos’è l’antifascismo in un luogo in cui è di casa") e dal sovrintendente Ortombina, che racconta come ottant’anni fa la Scala, bruciata da un bombardamento a Ferragosto del ’44, fosse "un rudere a cielo aperto" eppure l’11 maggio del 2026 saranno ottant’anni dalla riapertura del teatro ricostruito, diresse il maestro Arturo Toscanini.

A quel programma s’ispirava, in parte, quello di ieri sera, aperto e chiuso da un chiasmo Rossini-Verdi/Verdi-Rossini, in mezzo Mascagni e Puccini, oltre a una suggestiva prima esecuzione milanese dell’“Hymnus Sidereus“ di Muraca, dedicato alla Repubblica.

Tra i brani verdiani, il Preludio della Traviata cita un altro 25 Aprile, il primo per la Scala riaperta, nel ’47 (a sua volta precedente del concerto diretto da Claudio Abbado con al piano Maurizio Pollini nel 1975); il regista era Giorgio Strehler, organizzavano l’Anpi e la Camera del lavoro, nella locandina si leggeva: "In platea non vi sono posti in piedi". Neanche ieri, ma il pubblico si è alzato: per Papa Francesco e per applaudire gli scaligeri, cantando insieme Bella ciao.