
Il designer Vito Nesta: "Milano annulla l’identità. Così ha spianato le rughe che la rendono bellissima"
"Milano sta perdendo le sue caratteristiche, le sue unicità e noi la osserviamo, inermi". Vito Nesta, designer di fama internazionale, "innamorato di Milano", la "città dove ho scelto di vivere" e dove ha il suo studio, lancia la sua proposta per salvare "dall’assedio dei barbari" quel che resta della vera identità di Milano. Un grido di dolore, una sorta di Manifesto, nella speranza di poter "aggregare in maniera trasversale associazioni di cittadini". Eppure per molti lo skyline di Porta Nuova, con i "suoi grattacieli alti fino alle nuvole per vedere più lontano", location prescelta di tante produzioni cinematografiche, esprime la modernità. "Non l’essenza della città", insiste, tranchant.
Perché?
"Milano è una città che ha cambiato continuamente pelle, a volte fagocitando se stessa, ma in qualche modo ha sempre conservato una sua matrice. Pur avendo da sempre un conflitto con il suo passato, penso al 1906 quando volevano abbattere il Castello Sforzesco per dare spazio ad un quartiere residenziale, per fortuna salvato da Beltrami, è riuscita grazie a grandi nomi tutelari dell’archittettura a conservarsi. Pensate ai bombardamenti del ‘43, un vero disastro. Alla ricostruzione parteciperanno perlopiù sconosciuti, poi geni conclamati dell’architettura come Luigi Caccia Dominioni, Piero Portaluppi, Asnago e Vender, Gustavo e Vito Latis, Minoletti. Questi divennero poi il “professionismo colto milanese”. Quanta bellezza, che identità forte, che unicità, quanti capolavori.
“Milan l’è un gran Milan”".
E oggi?
"Milano sta vivendo altri bombardamenti. Questi però sono silenziosi, come quello che ora tocca alla Torre di Largo Treves, realizzata nel ‘55 dall’architetto Arrigo Arrighetti e che i milanesi avevano soprannominato “il bidoncino”. Al suo posto faranno l’ennesimo palazzo residenziale a nove piani. Non so come, ma già me lo immagino in vetro".
Definita la "bruttarella", Arrighetti ha fatto di meglio, ad esempio uno dei più significativi quartieri milanesi del dopoguerra, con al centro la chiesa di San Giovanni Bono...
"Non sto dicendo che è stata la sua realizzazione migliore. Ma aveva il suo fascino, si distingueva dagli altri senza essere una copia di un modello X impostato da non si sa chi...aveva un valore architettonico acquisito nel tempo ed era riconoscibile, oltre che far parte del panorama architettonico milanese del dopoguerra. Un simbolo che raccontava un periodo ben preciso, mancherà a molti".
Restano in piedi tante altre costruzioni di Arrighetti....
"Si ma le altre? Tra i tanti abbattimenti recenti, voglio ricordare: una villa neogotica alla Maggiolina; la villetta di piazza Trento del 1926 progettata da Lorenzo Salvini soprannominata Villa Badoglio con stucchi e graffiti; Palazzo Rizzoli con la meravigliosa scala scenografica disegnata da Portaluppi; i civici 41, 43 e 45 dei Palazzi primi del ‘900 di via Eugenio Folli a Lambrate; il complesso scolastico, un tempo convento di suore con annessa scuola e chiesetta, realizzato nel 1932 su progetto dell’ingegnere Carlo Meucci in via Balilla 16 e 18 a Porta Ticinese; un intero isolato anni ‘20 in via Savona e ancora, ancora...La stranezza è che questi abbattimenti sono tutti in posti strategici e non in contesti in cui c’è bisogno di abbattere per riqualificare".
I prossimi?
"Terrei sotto osservazione l’ex sede della “Voce del Padrone” in viale Umbria, edificio degli anni Venti della storica casa discografica. Anzi, sarebbe bello poter organizzare una manifestazione di cittadini per evitare altre brutte sorprese. Mi intristisce pensare che laddove erano di casa Fred Buscaglione, Franco Cerri, Bruno Martino, ma anche Al Bano agli inizi della carriera e addirittura un giovanissimo Francesco Guccini, presto arriverà un nuovo maxi condominio da 6 piani e 126 appartamenti. E che costi poi, oggi comprare casa a Milano è impossibile, infatti molti giovani l’abbandonano. L’abbattimento di un rudere è necessario, l’abbattimento di un edificio con un valore architettonico, con un’identità e una storia è uno sfregio alla città".
Milano è un brand ... metropoli globale del lusso, città splendente e attrattiva.
"Negli ultimi anni è stata presa d’assalto e “consegnata” ai poteri forti, sono sempre gli stessi ad aggiudicarsi le aste.
E non sempre il pensiero progettuale è all’altezza, anzi c’è grande povertà. Vogliamo parlare della povertà del pensiero progettuale della M4 rispetto al capolavoro indiscusso della M1 di Albini, Helg e Norda? Ha fatto meglio Napoli con la stazione Toledo. Penso inoltre alla torre di 100 metri che costruiranno sulle ceneri dell’ex Hotel Michelangelo la quale regalerà alla Stazione Centrale l’immagine di una fabbrica con la sua ciminiera; penso al restyling di piazza San Babila, piazza Castello, Largo Augusto che sembrano i parcheggi della Lidl. Penso ai nuovi edifici “internazionali” dove nessun architetto si è rapportato con il contesto e sulla milanesità. Penso alla secolare toponomastica dei quartieri che sta cedendo il passo ad acronimi come: NoLo, NoCe, SouPra, NaPa e altre amenitá, facendo il versetto a SoHo di New York. Perdere ancora pezzi importanti per donarli alla speculazione edilizia è davvero una grande ferita per Milano. Chiudo con una frase della Magnani..."
Prego.
"Al suo truccatore diceva: ”lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ho messo una vita per farmele”. La Torre di Largo Treves era una nostra ruga, una bellissima ruga! E, per favore, non privateci delle altre".
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