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Cronaca

Il Fine Vita in Consiglio regionale. Quella lettera a Fontana: devi agire

A firmarla fu l’allora ministro Speranza, che mise nero su bianco la competenza della Regione sul tema. Ma martedì il centrodestra lombardo è orientato a votare una pregiudiziale per delegare tutto allo Stato.

Il Fine Vita in Consiglio regionale. Quella lettera a Fontana: devi agire

Una protesta dell’associazione Luca Coscioni per una legge sul Fine Vita

La lettera risale a due anni e mezzo fa: un’altra era politica, verrebbe da dire. E invece è ancora attuale. Anzi, è decisamente attuale. A scriverla, il 20 giugno del 2020, è Roberto Speranza, allora ministro della Salute. A riceverla è Attilio Fontana, allora come oggi presidente della Regione Lombardia. Oggetto: la necessità di dare attuazione alla sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale. Esatto: la sentenza sul Fine Vita, sul suicidio medicalmente assistito, quella dalla quale ha avuto origine la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal Comitato Liberi Subito e, in particolare, dall’Associazione Luca Coscioni. La proposta che approderà in Consiglio regionale questo martedì, tra tre giorni.

In quella lettera Speranza ricorda a Fontana "che nell’attesa di una compiuta definizione legislativa del tema del Fine Vita da parte del Parlamento", la Corte "ha ammesso la possibilità di ricorrere alla esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico competente". Detto altrimenti, Speranza ricorda al governatore lombardo che la sentenza della Consulta non impone alle Regioni di attendere che ci sia un provvedimento definitivo del Parlamento sul Fine Vita, ma anzi definisce quanto le stesse Regioni possono e devono fare nell’attesa che il Parlamento si muova. E tutto quello che le Regioni possono e devono fare è individuare e approvare procedure attraverso le quali verificare le condizioni del malato, in modo da accertarsi che versi nelle condizioni previste per poterne autorizzarne il suicidio medicalmente assistito, e quindi esaurdirne il desiderio o la richiesta senza che debba pagare di tasca propria. In sintesi: in questa lettera Speranza chiede alle Regioni (scrisse anche al presidente delle Marche, non solo a quello della Lombardia) di fare la propria parte perché non ritiene che sul tema la competenza sia esclusivamente statale. L’esatto contrario della linea scelta dal centrodestra lombardo e, in particolare da Fratelli d’Italia, primo partito in regione. Martedì l’Aula del Pirellone, infatti, sarà chiamata a votare innanzitutto una pregiudiziale di illegittimità costituzionale, vale a dire: i consiglieri saranno chiamati a ribadire e a sancire il concetto che il Fine Vita non è compito loro sotto alcun aspetto e che non è quindi opportuno e necessario aprire una discussione di merito sulla legge.

"La Corte costituzionale – prosegue la lettera di Speranza – ha altresì sottolineato che la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio deve restare affidata a strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale e che a queste ultime spetta anche la verifica delle modalità di esecuzione che debbono essere tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze. Come già rappresentanto alla Regione Marche in relazione alla nota vicenda del suicidio medicalmente assistito di Federico Carboni, nelle more dell’auspicato intervento legislativo, le strutture del servizio sanitario nazionale – rimarca l’allora ministro – sono chiamate a dare attuazione in tutti i suoi punti alla richiamata sentenza della Consulta. Una volta che la rigorosa procedura di verifica delle condizioni individuate dalla Corte costituzionale sia stata attuata e completata, con il previsto coinvolgimento anche del Comitato etico competente, è evidente che i costi del suicidio medicalmente assistito non possano ricadere sul paziente che, seguendo l’iter indicato dalla Consulta, si sia rivolto al Servizio Sanitario Nazionale. In questo senso è da garantirsi che siano a carico del Servizio Sanitario Nazionale le spese mediche necessarie per consentire, al termine della procedura di verifica affidata alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, il ricorso al suicidio medicalmente assistito ai pazienti che ne facciano richiesta". Solo una settimana fa si sono mobilitati oltre 50 giuristi, tra i quali Vladimiro Zagrebelsky, Tullio Padovani, Roberto Bin, Giacomo D’Amico e Corrado Caruso. Tutti hanno lanciato un appello scritto a Fontana chiedendo che sul Fine Vita si abbia il coraggio di discutere entrando nel merito del tema e della proposta di legge di iniziativa popolare. Un appello che parte anch’esso dal netto rifiuto della posizione assunta dal centrodestra lombardo, cioè la presunta incompetenza della Regione sul Fine Vita. Ma le possibilità che l’orientamento della maggioranza cambi sono poche.