Il lato oscuro del ’fast fashion‘: "Materiali talmente scadenti che non sono riutilizzabili"

Matteo Lovatti, presidente di “Vesti solidale“: "Puntare all’ecodesign e a capi di seconda mano". Nel Textile hub di Rho gli abiti vengono riciclati. Quindici camion ogni giorno svuotano i contenitori.

Il lato oscuro del ’fast fashion‘: "Materiali talmente scadenti che non sono riutilizzabili"

Il lato oscuro del ’fast fashion‘: "Materiali talmente scadenti che non sono riutilizzabili"

di Marianna Vazzana

MILANO

Abiti a prezzi stracciati, realizzati in materiali di bassa qualità, comprati on line da siti stranieri. Il risultato? Sempre più indumenti che si accumulano negli armadi e tempo che si accorcia tra l’acquisto e il momento in cui il capo viene gettato via, per l’usura precoce e per l’impulso a buttare il “vecchio“ per fare spazio al “nuovo“. Ma l’ambiente sta pagando un prezzo altissimo. Secondo alcune ricerche, milioni di capi di abbigliamento-spazzatura finiscono nei Paesi poveri. E l’inquinamento da scarti tessili è un problema sempre più grande. Conseguenze della “dipendenza da fast fashion“ dell’Occidente, che alimenta una produzione no-stop di capi "da tessuti a basso costo, non progettati per essere riparati o riciclati e che sono sempre più considerati usa e getta", avvertono gli esperti. Lo conferma anche Matteo Lovatti, presidente della cooperativa Vesti solidale del Consorzio Farsi prossimo, promossa da Caritas Ambrosiana, nata nel 1998 con l’obiettivo di aiutare persone svantaggiate ad inserirsi nel mondo del lavoro. La cooperativa gestisce il “Textile Hub“ inaugurato lo scorso marzo: il più grande impianto di riciclo tessile del Nord Italia. Una manna per l’ambiente.

Il fast fashion vi sta dando del filo da torcere?

"Sì, perché i capi cosiddetti “fast fashion“ sono meno riutilizzabili di altri (perché si consumano più velocemente e, una volta gettati, più difficilmente possono avere una seconda vita come abiti di seconda mano) ed è anche più difficile riciclarne i materiali, perché contengono un mix di fibre, poco di naturale e molto di sintetico. Ai fini del riciclo, è fondamentale avere materiale che sia il più puro possibile".

Quale può essere una strada percorribile?

"L’impegno da parte delle aziende di moda a non trascurare l’attenzione all’ambiente. Scegliendo per esempio l’ecodesign e materiali che possano essere riutilizzati a fine vita. Le persone possono scegliere di indossare capi di seconda mano (o vintage, ndr), visto che ce ne sono molti di ottima qualità, che vengono messi in vendita a prezzi convenienti".

Siete “specialisti“ nel riciclo?

"Sì. Ci occupiamo della raccolta, del riciclo e del riutilizzo di rifiuti: indumenti usati ma anche di cartucce per stampanti e apparecchiature elettroniche. Per il settore indumenti, a Rho è attivo il nuovo impianto per il recupero".

Quanti vestiti vengono trattati?

"Quotidianamente circolano una quindicina di camion, ciascuno con una squadra di due operatori che svuotano i contenitori gialli a Milano e provincia e a Monza e Brianza. Poi c’è la cernita: i capi che possono essere riutilizzati vengono igienizzati e messi in vendita nei negozi “Share“. Così si sostiene il progetto e si creano anche opportunità di lavoro".