In città è noto come politico di centrosinistra ma anche come storico avvocato del centro sociale Leoncavallo. Mirko Mazzali, attualmente assessore alla Sicurezza del Municipio 9, apprende senza scomporsi della sentenza che ha condannato il ministero dell’Interno al risarcimento di tre milioni di euro al gruppo Cabassi, proprietario dell’ex cartiera di via Watteau, in zona Greco, per il mancato sgombero dell’immobile occupato abusivamente dai leoncavallini dall’8 settembre del 1994.
Mazzali, da legale del Leoncavallo è stato coinvolto in qualche modo in questa causa avviata dai Cabassi per ottenere il risarcimento?
"No. La procedura ha riguardato lo Stato e i Cabassi, il Leoncavallo non è stato coinvolto in nessun modo. Non conosco nei dettagli la sentenza, dunque non posso commentarla. Ne prendo atto. Con un certo rammarico".
Perché rammarico?
"Non vorrei toccare un nervo scoperto, ancora una volta, ma nove anni fa il Comune è stato a un passo dal regolarizzare il Leoncavallo grazie a un accordo con i Cabassi. Se fosse andato in porto, oggi non ci troveremmo di fronte a una sentenza di questo tipo. Un rammarico non tanto per me, come avvocato del centro sociale, ma per la città".
Nel 2015, ai tempi del dibattito in Consiglio comunale sulla regolarizzazione del Leonka, lei era capogruppo di Sel nella maggioranza di centrosinistra che appoggiava l’amministrazione guidata dal sindaco Giuliano Pisapia. L’accordo sembrava a un passo, ai Cabassi sarebbe stato assegnato in permuta l’immobile comunale di via Zama. E invece...
"Beh, tutti ricordano che l’allora presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo si oppose a quell’operazione. Una posizione sorprendente, mentre il “no“ dell’ex vicesindaco Riccardo De Corato e di altri nel centrodestra era scontata. Quell’accordo mancato non fu un peccato solo per la situazione del Leoncavallo ma anche perché non consentì di trovata una soluzione per lo stabile comunale di via Zama, che invece, negli anni seguenti, è stato a lungo disabitato e ha creato problemi agli abitanti del quartiere".
E ora, alla luce di questa sentenza che dà ragione ai Cabassi, cosa succederà?
"Credo che per quello che è stato e per quello che potrà essere, sia da escludere uno sgombero del centro sociale: il Leoncavallo è un luogo iconico, conosciuto in tutto il mondo. Lo sgombero, dunque, sarebbe un’assurdità. Auspichiamo che nessuno lo voglia nemmeno immaginare. La disponibilità a risolvere la situazione c’era alcuni anni fa e c’è ancora da parte degli occupanti del centro sociale. Quell’accordo non fallì di certo per volontà di chi gestiva il Leonka, ma per altre motivazioni politiche. La volontà di trovare una soluzione permane ancora oggi".
Ma, dopo questa sentenza, un dialogo tra Leoncavallo, Cabassi, Prefettura e Comune è ancora possibile?
"Questa sentenza mette le istituzioni di fronte alla necessità di intervenire e trovare una soluzione. Il ministero dell’Interno, in particolare, potrebbe pensare a una soluzione. Ma non per mezzo di uno sgombero del centro sociale".
Mazzali non vuole aggiunge altro in merito. Ma dal Leonka trapela la speranza che proprio alla luce di questa sentenza favorevole ai Cabassi il dialogo tra le parti per trovare una soluzione definitiva possa ripartire. Qualche riunione in questa direzione potrebbe esserci già nelle prossime ore. Qualche contatto c’è già stato nei mesi scorsi, pur non portando a una soluzione. Dal centro sociale di via Watteau, però, fanno notare che rispetto a qualche mese fa c’è una novità, a Milano, che potrebbe essere decisiva: il ritorno in città di Bruno Megale, dallo scorso maggio questore meneghino. Megale conosce perfettamente il caso Leonka e anche i gestori del centro sociale.