Milano, 4 dicembre 2024 – "La boxe mette in scena la nostra umanità. È la rappresentazione della vita. È arte. Non si dica che è violenza: la violenza è la mancanza di regole, il voler prevaricare sull’altro". Federica Guglielmini, trentottenne originaria di Rimini e milanese d’adozione, si è sentita rinascere quando, poco più di 10 anni fa, ha indossato per la prima volta i guantoni una volta tornata a Milano dopo aver vissuto a Chicago. Laureata in lettere moderne, è scrittrice, educatrice e boxeur – si allena alla Heracles Gymnasium di via Padova –. Passioni che non fanno a pugni tra loro. Anzi. Insieme a Dome Bulfaro, poeta e performer, Guglielmini ha scritto il “Manifesto dei Colpitori“, il decalogo di un movimento poetico-sportivo, artistico e sociale. "Perché il ring – spiega – è un luogo di rinascita. Combattere significa saper dire “no” a quello che non riteniamo giusto. Puntare a mettere ko il degrado sociale, culturale e umano".
Che cosa dice il decalogo?
"Innanzitutto, che nasciamo come forma di difesa in reazione a questa società liquefatta, a cui serve tracciare nella terra i propri ring. Mai saremo schiavi degli algoritmi. Useremo il pregiudizio come nostro sacco. La macchina veloce, tritacarne, propria di questa epoca, va sfidata, portata sul quadrato e battuta".
A proposito di pregiudizio, molti ancora pensano che la boxe non sia “uno sport per donne”. Che risponde?
"Che è uno stereotipo figlio dell’ignoranza. Le donne hanno sempre combattuto nella storia. Basterebbe solo pensare al parto, che non è nulla di delicato. Il fatto è che alla donna sono sempre state precluse molte attività, anche la scrittura per esempio. Una volta era impensabile che una donna potesse diventare scrittrice. Possiamo fare tutto, anche praticare la boxe. Per me è una specie di religione laica. Salire sul ring mi ha cambiato la vita. Ho scritto il mio primo saggio sul pugilato insieme a Virginia Perini: “A corta distanza“ e poi ho voluto fondare un movimento culturale insieme a Dome Bulfaro. Stiamo scrivendo la letteratura pugilistica".
![Il manifesto dei guantoni: "La boxe metafora della vita. Mettiamo ko il degrado sociale"](https://www.ilgiorno.it/image-service/view/acePublic/alias/contentid/OTlmZmE4MjktZGQ4My00/2/il-manifesto-dei-guantoni-la-boxe-metafora-della-vita-mettiamo-ko-il-degrado-sociale.webp?f=3%3A2&q=1&w=1280)
Tornando al decalogo: ognuno dei dieci punti inizia con l’imperativo “difendiamo e colpiamo“. Cosa difendere e colpire?
"Nella vita bisogna sempre saper reagire alle difficoltà. Sproniamo ognuno a trovare il proprio pugile interiore. Sul ring, le fragilità più grandi devono diventare forza. Ogni incontro è un duello, un confronto con l’altro, un viaggio eroico. E non si sa mai come va a finire un incontro. Come la vita stessa. Vogliamo smascherare e mandare al tappeto la finzione, la falsità, il pressapochismo".
I “colpitori“ quindi non sono solo i pugili?
"No. Ci sono docenti, discenti, pedagoghi, poeti e artisti. Ma tutti in realtà. Abbiamo scritto il nostro manifesto 114 anni dopo quello Futurista di Marinetti. Un’esagerazione far riferimento a lui? Non credo, perché anche la nostra vuole essere una rivoluzione culturale. Vogliamo avvicinarci ai ragazzi, facciamo anche incontri nelle scuole. Gli artisti, gli scrittori che si impegnano sono i campioni. Ma non solo loro. È possibile fare una rivoluzione culturale che parta da Milano, città dove ci sono stati molti inizi che poi hanno cambiato la storia. E le storie di ciascuno".