FABIO
Cronaca

Il mio viaggio in Bielorussia: è vero embargo?

Fabio

Milella*

Senza avere la pretesa di proporre reportage giornalistici o approfondite analisi politico–economiche, vorrei riportare alcune considerazioni derivanti dalla mia recente esperienza personale a Grodno (Bielorussia, nei pressi del confine polacco). Dal 24 febbraio l’Unione Europea ha annunciato e progressivamente emanato pacchetti di sanzioni per colpire e auspicabilmente affondare nel più breve tempo possibile la Russia e gli alleati della Bielorussia, a seguito dell’attacco sferrato in Ucraina (siamo arrivati al settimo di questi pacchetti). Considerata la presunta portata micidiale di queste misure per il nemico e i sacrifici che ci sono stati richiesti e che hanno provocato già effetti concreti sulle nostre vite, al mio arrivo in Bielorussia mi sarei aspettato di trovare un’economia devastata o quantomeno in forte difficoltà, attività abbandonate, supermercati in affanno e, se non delle manifestazioni di piazza, sempre rischiose da queste parti, quantomeno l’evidenza di un clima di tensione serpeggiante all’interno della popolazione, come minimo analogo a quello che da almeno due anni si è diffuso nella popolazione italiana a causa dell’emergenza Covid e, appunto, di quella bellica. In realtà, le sensazioni sono state diametralmente opposte.

La parte più dura del viaggio è stata il passaggio in dogana in andata: ore e ore di snervante attesa, controlli lunghissimi e procedure degne della ex Unione Sovietica. Superata questa fase, tuttavia, si è materializzata una situazione di assoluta ordinarietà, a tratti perfino di moderata spensieratezza, grazie alla stagione estiva. Locali affollati, diversi anche di recente apertura, giostre ed eventi di intrattenimento, alberghi esauriti o quasi. Anche i turisti, infatti, sono riapparsi numerosi in una città che vanta diverse attrazioni storiche, con la stragrande maggioranza di essi provenienti dalla Russia: è lecito ritenere che una quota di essi probabilmente avrebbe preferito passare le vacanze nel nostro Paese, se non fosse stato per la guerra e la conseguente chiusura delle rotte aeree. Anche la visita ad uno dei principali ipermercati della zona è stata istruttiva: grossi marchi stranieri, note catene di ristorazione, bevande e prodotti alimentari di importazione sono risultati ancora presenti; fortunatamente anche molti famosi marchi italiani, anche se ovviamente a prezzi raddoppiati (ma non è certo una novità). Qualche problema nel pagamento con carta di credito, a causa delle sanzioni che hanno colpito alcune banche locali, ma non certo la chiusura totale dei circuiti di pagamento elettronici che veniva minacciata a marzo, e comunque anche in questo caso il disagio è semmai a carico degli stranieri, costretti a convertire valuta “buona” (euro) in valuta “cattiva” (rublo bielorusso) e a pagare commissioni aggiuntive. Non mi soffermo sul prezzo dei carburanti, la cui convenienza si potrà facilmente immaginare, mentre è meno scontato il fatto che i siti delle testate giornalistiche occidentali, incluso “Il Giorno”, siano risultati accessibili, senza censure o limitazioni (non dimentichiamo che, invece, in

Europa molti siti d’informazione russi e bielorussi sono oscurati per impedire la diffusione di possibili notizie propagandistiche). A sorprendere sono anche e forse soprattutto il contegno dignitoso e l’atteggiamento pragmatico che sembra pervadere molte persone. Anche da queste sparse constatazioni “sul campo” è facile trarre la conclusione che la direzione intrapresa dall’Europa merita di essere ripensata, onde evitare di peggiorare le cose.

Le forze politiche italiane che hanno votato alla leggera sanzioni a ripetizione e l’invio di armi all’Ucraina devono giustamente essere chiamate a rispondere delle loro posizioni e, se possibile, ad avanzare delle alternative chiare che possano porre fine alla tragedia in corso, mettendo da parte interessi di comodo e bandiere ideologiche.

* Consorzio Lodi Export