Andrea
Maietti
Novembre. E l’incipit di uno dei più possenti racconti della letteratura americana , il “Moby Dick” di Melville : “Chiamatemi Ismaele.Tutte le volte che nella mia anima è il piovigginoso Novembre, reputo che è il tempo ineluttabile di prendere il mare”. Il mare di Ulisse che vi si inabisserà in vista della montagna proibita. Il mare del vecchio Santiago, anzi la mar, al femminile, “gentile e bella, ma talvolta così d’improvviso crudele”. E l’incubo del mare di Coleridge: “Acqua, acqua, in ogni parte e tutta la nave scricchiolava. Acqua, acqua in ogni parte e non una goccia da bere “. Il fiume ispira una scrittura contesa tra il richiamo dell’avventura e la nostalgia della terra, in quell’andare che “non si sa dove vada a finire”. Il fatto che il Po, più di altri fiumi in Italia, abbia suggerito pagine di letteratura è forse banalmente da ascrivere al suo primato geofisico e scenografico. E al fatto che molti scrittori sul Po siano vissuti: da Bacchelli a Soldati, da Zavattini a Guareschi. Per tacere del mio Gioannbreafucarlo, che l’ha chiamato “vecchio padre ubriacone”, per via delle infinite terre coltivate a vigna che il grande fiume attraversa. In effetti, il nome deriverà pure dal latino Padus , ma si confonde pure col suono di pa, padre. Un padre “bizzoso e incostante, perciò traditore”. Per il Manzoni è l’Adda a ispirare albe e tramonti, a specchiare il cielo di Lombardia, “così bello, quand’è bello”. Ada Negri è affatturata dalle rogge: “Se penso all’immensità dei mari, alla violenza dei torrenti alpini, al lussureggiante corso dei fiumi, sento che il raccoglimento, il riposo del cuore non me lo può dare che la roggia :poche spanne d’acqua che nessuno guarda, che sono quasi terra, e di rado hanno un nome”.