
Il piano del Politecnico che parte da un locale della parrocchia. All’orizzonte anche stanze per studenti
Guardando lontano si possono trovare spunti per creare nuovi spazi di socialità o per ridisegnare e far rivivere luoghi che non vengono utilizzati. E in questo Milano può ispirarsi anche a Città del Messico. È la sfida di un gruppo di ricercatori, architetti, urbanisti e sociologi del Politecnico di Milano, al lavoro con Rozana Montiel, architetta messicana di fama internazionale, attualmente vistiting professor nel Dipartimento di Architettura e Studi urbani del Politecnico. Insieme agli universitari e ai ragazzi di Quarto Oggiaro trasformeranno uno spazio della parrocchia di Santa Lucia, rendendolo polifunzionale e “intergenerazionale“. Il progetto pilota entrerà nel vivo domani per chiudersi il 6 aprile e fa parte della “Terza missione“ dell’ateneo: oltre a ricerca e didattica, le università possono cooperare con il territorio e le istituzioni per ridurre le diseguaglianze. "L’obiettivo è fare incontrare gruppi diversi di cittadini, rendendo i giovani protagonisti", sottolinea la professoressa Paola Savoldi, che coordina il progetto con Franco Tagliabue.
Quarto Oggiaro e San Pablo Xalpa, a Città del Messico, sono lontanissimi nello spazio, ma hanno sfide comuni: "Quarto Oggiaro si trova in un ambito in cui il reddito medio è il più basso della città: 17mila euro quando la media cittadina è di 37mila, che diventa 90mila a Porta Romana – spiega Savoldi –. L’incidenza di Neet, giovani che non studiano né lavorano, è del 12%, contro l’8% della media milanese. E il 23% circa dei ragazzi abbandona prima di finire gli studi. Parallelamente ci sono sviluppi urbani importanti che potrebbero riequilibrare la popolazione: subito oltre i confini è nata una residenza studentesca, ma mancano ancora i rapporti col resto del quartiere e le infrastrutture ferroviarie e stradali non aiutano. Gli innesti nuovi rischiano di restare isolati". Ci sono situazioni di disagio ma anche nuove occasioni di integrazione e un tessuto da ricucire. Come a Città del Messico c’è un’alta quota di edilizia pubblica e ci sono più spazi liberi rispetto al centro. Entrambi i quartieri ripartono dal coinvolgimento dei giovani, soprattutto in situazioni di fragilità socio-economica ed educativa, per evitare anche che le attività illecite possano apparire le vie più semplici da percorrere.
Città del Messico offre uno sguardo diverso: "L’amministrazione comunale ha realizzato un importante programma improntato all’ascolto della comunità locale e alla realizzazione di spazi pubblici ad elevata valenza sociale e civile", spiegano dal Politecnico. Si chiama Pilares, vi ha preso parte Rozana Montiel, che è stata chiamata a Milano dal professore e progettista Franco Tagliabue. A Quarto Oggiaro Montiel è rimasta subito colpita dagli spazi della parrocchia e anche dall’interazione di gruppi di età e origini diverse, base importante da cui partire. È stato individuato insieme al parroco un primo ambito di intervento: oggi ci sarà una tavola rotonda al Politecnico e da domani partirà un workshop per co-progettare e allestire il piano terra. "L’idea è creare una nuova “quinta“, con materiali semplici – spiega Savoldi –, un allestimento temporaneo che potrà diventare stabile se piacerà al quartiere. Sarà utilizzato materiale di recupero". La parrocchia aveva lamentato la difficoltà di mantenere spazi grandi: "Si sta studiando il modo di farli vivere di più e, in prospettiva, si sta ragionando anche su un altro piano, per creare piccole residenze per studenti". Altro tema caldo. "L’obiettivo è che a Quarto Oggiaro nasca un progetto pilota, esportabile su scala cittadina. Come a Città del Messico".