Quattro ordinanze in meno di tre mesi. Se non è un record, poco ci manca. Continuavano a piovere misure di custodia cautelare in carcere sulla testa di Luca Lucci, che ha definitivamente e inevitabilmente abdicato al trono di sovrano della Curva Sud. Partiamo dalla fine di settembre, quando il capo ultrà di 43 anni, già condannato per droga e per la violenta aggressione durante un derby che costò un occhio a Virgilio Motta (che anni dopo si tolse la vita), è finito in manette con l’accusa di aver trasformato il secondo anello blu del Meazza nel quartier generale di un’associazione a delinquere che dettava legge allo stadio con pestaggi e intimidazioni e che all’esterno era arrivata a stringere rapporti di amicizia e affari con personaggi dello spettacolo come Fedez. Un dominio condiviso con i vicerè della Nord e reso granitico da un patto di non belligeranza per la spartizione dell’indotto nero di San Siro.
Non è finita. Sì, perché, qualche settimana dopo, Lucci è stato accusato anche di essere il mandante del tentato omicidio di Enzo Anghinelli, finito nel mirino per un tentativo di scalata al vertice del tifo organizzato di marca rossonera e miracolosamente sopravvissuto all’agguato a colpi di pistola andato in scena la mattina del 12 aprile 2019 in via Cadore (al quale avrebbe preso parte anche il luogotenente Daniele Cataldo). E arriviamo al blitz di metà novembre, quando la Guardia di Finanza di Pavia ha notificato a Lucci un’ulteriore misura per narcotraffico. Ieri il quarto capitolo del romanzo criminale, che potrebbe chiudersi con un cumulo pene pesantissimo per il suo protagonista.
N.P.