
Guido Podestà e Silvio Berlusconi
"Un ricordo su Berlusconi? Ai tempi di Edilnord, accompagnai Silvio a vedere la struttura di Cologno Monzese che poi divenne la sede di Mediaset. Lui incontrò il guardiano, lo vide triste e gli chiese cos’avesse. Quel signore gli raccontò che la moglie era stata appena ricoverata in ospedale ed era preoccupato. Un anno dopo, quando inaugurammo la nuova sede dopo i lavori di ristrutturazione, Berlusconi rivide quel guardiano e gli andò subito a chiedere come stesse sua moglie. Quel signore si stupì che Silvio si ricordasse tutto. Ma lui era così, la sua umanità era straordinaria". Guido Podestà, ex presidente della Provincia, ex europarlamentare di FI per tre mandati, ha iniziato a collaborare con Silvio Berlusconi nel 1976, in Edilnord, quando il Cavaliere era solo un’imprenditore.
Podestà, cosa ricorda del Berlusconi imprenditore?
"In quel momento Silvio era ormai orientato verso le televisioni private, di Edilnord si occupava il fratello Paolo. Ma ci dava spesso consigli utilissimi. Erano gli anni della realizzazione di Milano 2 e di Milano 3. Anche in questo settore Berlusconi fu un grande innovatore, le città che ha costruito erano attente al verde e alla qualità dell’abitare".
Lei l’ha seguito in FI nel 1994.
"Sì, Silvio intuì subito che c’era una domanda politica insoddisfatta da parte dei liberali ma anche degli elettori del Pentapartito della Prima Repubblica".
Come la convinse a candidarsi alle Europee nel 1994?
"Io ero nei club di FI, ma non mi ero voluto candidare alle Politiche del 1994. Da sempre sono stato attratto dall’intuizione di De Gasperi, Schuman e Adenauer di far convivere popoli che si erano fatti la guerra per secoli. Quindi mi sono candidato alle Europee. Di questo sono grato a Berlusconi".
Lei era al Parlamento europeo anche quando Berlusconi diede del kapò a Martin Schulz?
"Sì, c’ero. Non fu una battuta felice, ma vorrei chiedere a tutti: pensate di non aver mai commesso un errore? Il giudizio su Berlusconi deve essere complessivo, non si può fermare a un singolo episodio".
Nel 2008, poi, lei ha vissuto da coordinatore regionale di FI il discorso del predellino di Berlusconi in piazza San Babila e la nascita del Popolo della Libertà. Un progetto politico che però alla fine è abortito.
"La storia ci insegna che sommare partiti diversi – in quel caso FI e An – per farne uno solo non sempre si trasforma in un successo. Ma i risultati positivi dell’attuale maggioranza di centrodestra sono anche il frutto delle intuizioni di Berlusconi, capace prima di mettere insieme Lega e An nel 1994, poi di creare la coalizione di centrodestra e infine il Pdl".
Nel 2009 il leader di FI la candidò come presidente della Provincia per battere Filippo Penati e riconquistare Palazzo Isimbardi.
"Io avrei preferito restare al Parlamento europeo, ma accettai di battermi contro Penati, che in quel momento era forte. Sono riuscito a vincere ed è stata un’esperienza positiva. Anche se poi il centrosinistra, con la riforma Delrio, ha deciso di abolire le Province. È stato un errore. Ora lo hanno capito tutti".
Nel 2011 lei fu costretto a dimettersi da coordinatore regionale del Pdl dopo una telefonata di Berlusconi.
"Quando coordinavo il Pdl in Lombardia, il centrodestra guidava l’80% dei Comuni ed era molto forte. Si è voluto cambiare, io non ero d’accordo".
Parla della nomina di Mario Mantovani come coordinatore regionale del Pdl?
"Sì. Accettai la decisione di Berlusconi ma non condividevo più alcune linee del partito, pur continuando a stimare Silvio. Poi, dopo un’esperienza nel Ncd, nel 2014 ho lasciato la politica".
Senza Berlusconi, qual è il futuro di FI? Sopravviverà o no?
"Se gli esponenti di FI cercheranno di mantenere l’unità, il partito potrà avere un futuro".