REDAZIONE MILANO

Il terremoto e la ricostruzione: "Ora soluzione caso per caso. Da qui inizia la riscossa di Milano"

L’urbanista Elena Granata: forte regìa pubblica, trasparenza e ascolto

L’urbanista Elena Granata è tra i firmatari di appelli contro il salva Milano

L’urbanista Elena Granata è tra i firmatari di appelli contro il salva Milano

"Il passo indietro sul salva Milano ci fa tirare un sospiro di sollievo dopo che ci siamo spesi a lungo, come docenti ed esperti, per spiegare la non opportunità di questo provvedimento. Riportare il caso nel contesto milanese evita di esportare a livello nazionale le criticità che si sono verificate nella nostra città". L’urbanista Elena Granata aveva firmato nei giorni scorsi, con altri docenti del Politecnico di Milano (Alessandro Coppola, Arturo Lanzani, Antonio Longo, Paolo Pileri) e l’avvocata Veronica Dini, l’ultimo documento che chiedeva alla politica un ripensamento sul salva Milano, ora innescato dagli sviluppi delle inchieste. Un appello preceduto da numerosi interventi contrari da parte di associazioni e professionisti.

Come si potrà risolvere, secondo lei, la situazione che si è creata nell’urbanistica milanese, dopo che decine di progetti sono finiti al centro di inchieste e in alcuni casi di processi? "Riportandola a una dimensione locale, e ragionando caso per caso. Per i progetti in fase iniziale si potrebbe intervenire ridimensionandoli, quantificando gli oneri di urbanizzazione in modo corretto e recuperare, quando è possibile, la dimensione del piano attuativo. Per i palazzi già abitati è impensabile una demolizione, ma bisognerà trovare una soluzione per via amministrativa. Percorsi di giustizia riparativa, inoltre, potrebbero essere la strada corretta per un riavvicinamento tra le parti. Poi serve un Pgt che metta mano alle norme ricostruendo una sana relazione fra urbanistica, architettura ed edilizia, ascoltando i nostri suggerimenti".

Perché è importante il piano attuativo? "Perché i progetti non possono essere calati dall’alto, ogni intervento nel tessuto urbano deve essere armonizzato e reso coerente con i bisogni di chi abita in un quartiere. Bisogna considerare il verde, i servizi, i negozi, l’impatto sulle abitazioni circostanti. È uno strumento semplice ma fondamentale, e non considerarlo è un deficit di democrazia".

Quale ruolo dovrebbe assumere, in questa strategia, l’ente pubblico? "Bisogna tornare a una forte regia pubblica nelle trasformazioni urbane, mediando tra gli interessi pubblici e quelli dei privati che finora sono stati privilegiati. Bisogna considerare che il sindaco è responsabile anche della salute dei cittadini, messa a rischio dalla densificazione urbana".

Si parla di un rimpasto nella Giunta. "Vedremo che cosa succede, di certo una forte discontinuità potrebbe giovare nel sanare una ferita aperta. La sensazione è quella di essere in un momento di cambiamento, come è successo nell’epoca di Tangentopoli, e la città potrebbe iniziare la sua riscossa imparando dagli errori, perché la fiducia nella politica ha raggiunto un livello molto basso".

Quando si colloca, a suo avviso, l’origine di questi problemi? "La rigenerazione urbana ha alla base l’idea di riqualificare spazi senza consumare suolo, portata avanti con un’iniziale buona fede. Le maglie però si sono progressivamente allargate, con vantaggi spropositati per il privato, una mancanza di trasparenza e di ascolto delle esigenze dei cittadini, privilegi verso una cerchia di costruttori e professionisti".

Perché è successo solo a Milano? "Anche in contesti di grande sviluppo, come ad esempio Bergamo e Brescia, questi casi non si sono verificati. Forse il problema è insito in una cultura, molto milanese, che ha privilegiato la ricchezza e la rendita. Ora è il momento di ripartire su basi nuove".

Andrea Gianni