Milano – Non c’è solo Ilaria Salis, detenuta in Ungheria da quasi un anno con l’accusa di aver aggredito a Budapest due neonazisti: a rendere difficili i rapporti tra l’Italia e il Paese magiaro c’è anche il caso di Gabriele Marchesi. Il 23 enne milanese è coimputato della Salis nel procedimento sugli scontri nella capitale ungherese del febbraio 2023 in occasione del Giorno dell’onore (in cui i gruppi di estrema destra celebrano la “resistenza” dei nazisti tedeschi e ungheresi all’Armata Rossa). Per quei fatti Marchesi è attualmente sottoposto agli arresti domiciliari a Milano in quanto destinatario di un mandato di arresto europeo.
Spazio personale
La giustizia ungherese chiede però che Marchesi venga consegnato alle autorità di Budapest. Richiesta alla quale la Corte d’Appello di Milano si è opposta ponendo una serie di quesiti sul trattamento dei detenuti nel sistema carcerario ungherese. Domande alle quali il ministero della Giustizia ungherese ha risposto spiegando che “A ogni detenuto è garantito, per legge, uno spazio personale di almeno 6 metri cubi nel caso di sistemazione individuale e, nel caso di detenuti collocati insieme ad altri, di almeno 4 metri quadrati di superficie abitabile per persona”.
Regole europee
In generale – dicono da Budapest – le condizioni detentive sono “Coerenti con quanto previsto dalla Convezione europea sui diritti dell'uomo, dalla raccomandazione delle Nazioni Unite sulle linee guida minime per il trattamento umano delle persone arrestate, nonché dalla raccomandazione numero R2006/2 del Consiglio d'Europa sulle regole penitenziarie europee”.
Visite in carcere
In particolare – dice ancora la missiva – “Per quanto riguarda la collocazione del detenuto, ai rappresentanti consolari e diplomatici del rispettivo Stato in Ungheria viene data la possibilità, previa consultazione, di entrare nel relativo istituto penitenziario e ispezionare le condizioni di detenzione, nonché il personale del consolato del rispettivo Stato può visitare il detenuto”.
Celle attrezzate e sport
Nella risposta si parla, tra l’altro, di celle attrezzate, di strutture moderne e di personale qualificato. Viene garantita l'assistenza sanitaria, oltre ai colloqui, e “il tempo libero può essere speso in modo produttivo con l’istruzione e lo sport”.
Cerimonie religiose e tortura
Oltre a tutto ciò si indica anche “il ruolo delle cerimonie religiose e della cura spirituale”, che “può essere significativo nel raggiungimento degli obiettivi di reinserimento”. L’Ungheria fa presente, inoltre, in risposta ad altro quesito, che ha recepito la direttiva Ue sulla “traduzione degli atti” dei procedimenti penali e “garantisce assistenza linguistica gratuita agli imputati” che non conoscono la lingua. Per le traduzioni il termine è di due mesi. Nella relazione del Ministero della Giustizia ungherese, inoltre, viene chiarito che la tortura è reato e che sono puniti “gli autori di maltrattamenti fisici, minacce e di ingiusta detenzione”.
L’udienza a Milano
La Corte milanese dovrà valutare se le risposte ricevute siano sufficienti o meno. Ad ogni modo, l’udienza per Marchesi del 13 febbraio, come è stato stabilito, sarà pubblica, con possibilità di accesso per i cronisti.