Milano, 14 novembre 2024 – “Per una città è una disgrazia se alcuni quartieri si trasformano in aree a vocazione quasi esclusivamente turistica, e in un sistema che non è regolato come quello italiano l’impatto degli affitti brevi sull’intero mercato è rilevante”. Riflessioni messe sul tavolo da Massimo Bricocoli, professore di Tecnica e pianificazione urbanistica e direttore del Dipartimento di architettura e studi urbani (DAStU) del Politecnico. Con il centro di competenza Craft, dedicato alle fragilità territoriali, l’ateneo ha messo sotto la lente anche il grande tema dell’overtourism e degli affitti brevi.
Qual è l’impatto sulle nostre città?
“Il fenomeno è nato sull’onda della sharing economy, entrando presto in una dimensione di estrazione di valore e in dinamiche di mercato. La diffusione delle piattaforme ha fatto esplodere un’attività che rivaleggia con l’offerta tradizionale e offre rendimenti sicuri e consistenti agli investitori, spesso operatori che acquisiscono più alloggi. Questo tipo di attività hanno un impatto evidente in città, come Milano, che soffrono una carenza di case a costi sostenibili”.
La posizione dei gestori è che si tratta di un fenomeno contenuto e concentrato solo in alcuni quartieri centrali.
“Anche se gli affitti brevi si concentrano solo in alcune zone non è positivo, perché per una città è una disgrazia se alcuni quartieri si trasformano in aree a vocazione solo turistica. Gli affitti brevi, inoltre, fissano prezzi di riferimento che non sono comparabili con quelli di una locazione permanente e alzano l’asticella drogando il mercato. Questo è a mio avviso il problema più rilevante, essendoci anche una questione di tassazione mancata. Si genera inoltre un’offerta turistica che, anche in quartieri storici, è standardizzata. Per accorgersene basta guardare i balconi, con le stesse sedie e tavolini che si possono trovare in tutte le città europee”.
Condivide, quindi, le ragioni delle proteste?
“È innegabile che ci sia una dinamica che necessita un intervento, anche se demonizzare il turismo è sbagliato. Se cresce il turismo, bisogna anche prevedere alloggi per i visitatori. E qui si apre un tema di rinnovamento e ampliamento dell’offerta alberghiera, in grado di produrre anche nuovi posti di lavoro”.
A livello normativo come si potrebbe intervenire per regolare gli affitti brevi?
“Serve una cornice legislativa nazionale di riferimento, oltre alle iniziative che possono essere prese a livello locale. A Milano è stata avviata una riflessione sul fatto che la casa è una infrastruttura sociale fondamentale per la città, e che è fondamentale garantire l’accesso. Gli ultimi provvedimenti del Comune hanno dato un segnale. Noi ci stiamo occupando di questo tema anche attraverso l’Osservatorio casa accessibile, in partnership con Ccl e Lum. Un nostro assegnista di ricerca, Lorenzo Caresana, ha condotto inoltre una interessante ricerca sul caso di Venezia”.
Misure come quella di Barcellona, con la messa al bando degli affitti brevi, possono essere un modello?
“Sono interventi drastici che possono essere condivisibili. Anche altre città europee, come Parigi, si stanno muovendo nella direzione di una stretta. Il punto è che bisognerebbe tornare a costruire case popolari, e all’estero lo stanno facendo”.