Bruno
Pellegrino*
incendio nella “Casa per coniugi”, che purtroppo ha causato tante vittime, è stato domato dai pompieri. Non così nei secoli passati quando le case erano in gran parte di legno e le fiamme, spesso favorite dal vento, incenerirono interi quartieri. Una legge speciale vietava di tenere il fuoco acceso nei camini in giornate ventose. Ciò nonostante fu un "vento gagliardo" - racconta lo storico Arnolfo - che nel marzo 1071 alimentò le fiamme al punto che per fusero "l’oro, l’argento e tutti gli altri metalli". In fumo sacri edifici tra cui la basilica San Lorenzo a Porta Ticinese ("Oh templum cui nullum in Mundo simile!" commentò lo storico). Si disse che fosse stata una cicogna che avrebbe gettato un tizzone nel suo nido occupato da una serpe che s’era cibata dei propri piccoli, là sotto il tetto di una dimora di Porta Vercellina (oggi Magenta). Fu perciò chiamato “Incendio della Cicogna“. Non meno funesto il rogo del 30 marzo del 1075. Dopo il mezzodì "denso e caliginoso fumo" si levò dal centro e si videro altissime fiamme che si propagarono anche nei territori risparmiati 4 anni prima. Tra le chiese colpite San Nazaro, Santo Stefano e Santa Tecla con l’altra che le sorgeva alle spalle, Santa Maria Maggiore, “antenata“ del Duomo. Di questa andò disperso il meraviglioso altare d’oro. Incendi si verificarono nel 1104 e nel 1105, che dal nome del padrone del luogo dove s’era originato fu detto "Fuoco del Rugiero". Ebbe inizio nella casa di tal Lanfranco Cane l’incendio che del 25 agosto 1160 a Porta Comasina (oggi Garibaldi). Le fiamme raggiunsero Porta Romana e, da qui, le Porte Ticinese e Vercellina. Il 17 settembre 1295, dopo il terremoto, l’incendio che lo storico Giulini definirà "ragguardevole" arse l’edificio del Comune nel vecchio Broletto (oggi vi sorge Palazzo Reale) dove risiedeva il signore Matteo Visconti, il quale non si scompose e, domate le fiamme, lo rifece più bello. Ma il peggiore si verificò nell’ultima guerra. Furono le bombe incendiarie a dare il colpo di grazia agli edifici che avevano subito squarci e crolli nelle incursioni aeree. Perché le fiamme tendevano a frammentarsi in infinite lingue di fuoco che bruciarono tetti e solai, mobili e infissi. Un rogo che avvolse gran parte della città e si sviluppò indisturbato perché l’acqua mancava e pochi erano i pompieri. Oltre che sulle case le fiamme si accanirono su Scala e Palazzo Reale, San Fedele, Sant’Ambrogio, Brera, Ca’ Granda, Poldi Pezzoli e Rinascente, Ambrosiana e Museo di Storia Naturale. Senza contare palazzi ricchi di storia come il Fontana-Silvestri e il Borromeo, Belgioioso e Litta, Trivulzio e Visconti. Tragico il bilancio: 8.000 case abbattute o gravemente lesionate, danni di 500 miliardi di lire. Altro che Incendio della Cicogna. *storico