Si concentrerà su due fronti l’inchiesta della Procura di Milano sul rogo divampato nell’officina al civico 8 di via Fra Galgario, una delle tante piccole attività di riparazione e manutenzione di auto che sorgono nei quartieri di Milano. Dalle cause dell’incendio – forse dovuto a imperizia ed errore umano, a un’operazione errata da parte di chi in quel momento stava riparando una Volkswagen Polo che si trovava in posizione rialzata, sopra una struttura-ponte – al rispetto delle misure di sicurezza e della normativa antincendio in un’attività che, per sua natura, è tenuta a osservare una serie di regole per la prevenzione dei rischi.
Il rogo, invece, si è diffuso incontrollato e ha raggiunto i piani superiori, provocando la morte di Silvano Tollardo, Carolina De Luca e Antonio Tollardo, figlio 34enne della coppia. Punti da chiarire al centro di una consulenza che verrà disposta dalla procuratrice aggiunta di Milano Tiziana Siciliano, a capo del pool che si occupa di salute e sicurezza sul lavoro, per individuare eventuali responsabilità.
L’inchiesta condotta dal Nucleo investigativo dei Vigili del fuoco è stata aperta per le ipotesi di reato di omicidio colposo e incendio colposo ed è stato iscritto nel registro degli indagati Fabrizio Antonio Ghiani, il 39enne residente a Cisliano titolare dell’autofficina-elettrauto aperta dalla sua famiglia quando correva l’anno 1981, punto di riferimento nella zona. Un atto anche a sua garanzia, per consentirgli di nominare un legale e un consulente per seguire i futuri accertamenti, dopo che il rogo ha completamente distrutto la sua attività. Il primo passo delle indagini sarà però l’autopsia sui cadaveri delle tre vittime, che verrà disposta domani dal pm Enrico Pavone, di turno quando è scoppiato l’incendio.
Fabrizio Ghiani è descritto da chi lo conosce come un professionista "esperto e competente", come un "gran lavoratore" che ha preso le redini della società di famiglia, la Ghidel sas. Una piccola attività con un solo dipendente fisso e un giro di clienti di fiducia residenti nella zona, senza particolari problemi finanziari. Una delle tante autofficine che, nelle città, spesso sorgono in zone residenziali, al piano terra di palazzi, a stretto contatto con chi abita ai piani superiori.
Anche per questa coesistenza nello stesso spazio di imprese che utilizzano materiali infiammabili e persone, devono essere rispettate una serie di norme di sicurezza. Estintori, piano antincendio, misure per isolare l’ambiente in caso di incidenti e impedire che fiamme e fumo invadano gli altri spazi, anche attraverso l’effetto "camino" dovuto al vano scale. Poi c’è la normativa sullo stoccaggio dei copertoni, che venerdì hanno preso fuoco dopo che il liquido infiammabile fuoriuscito dall’auto ha fatto da innesco.
Secondo le normative, le "attività di stoccaggio degli pneumatici" sono "soggette agli obblighi di certificazione, ai controlli periodici e al rispetto di tutte le indicazioni sussistenti in termine di prevenzione incendi". Le gomme, inoltre, "devono essere conservate a distanza da qualsiasi fonte di calore come forni o caldaie, ma anche a distanza di acidi, idrocarburi, disinfettanti e ogni tipo di derivato del petrolio".
Sono stati sottovalutati i possibili rischi? Le misure di sicurezza erano adeguate? Sono alcune delle domande al centro della consulenza che verrà disposta dalla Procura, con accertamenti resi difficili anche dallo stato del palazzo sotto sequestro, perché le fiamme hanno distrutto tutto, compresi i documenti conservati nell’ufficio.